Roma - Il Monti rischia di partorire un topolino. Ieri il neo premier ha guidato il suo primo consiglio dei ministri «operativo» ma ha dato soltanto il via libera al decreto legislativo su Roma capitale. Un atto dovuto perché il provvedimento doveva passare in Cdm, pena la decadenza delle norme. Per il resto, sui provvedimenti che Monti intende adottare, rimangono le indiscrezioni a livello stampa ma niente più. Al termine del consiglio, in serata, un comunicato in cui si legge che Monti considera il Parlamento «luogo decisivo per un rafforzato impegno nazionale in grado di dare risposte certe all’attuale emergenza». Insomma, il Parlamento è sacro.
Il Presidente «ha dato inoltre indicazioni ai ministri sulle modalità di funzionamento del Consiglio, affinché si realizzi una stretta collegialità». Insomma, parlarsi è bene. Di anticipazioni poche.
Il vento in poppa con cui il governo è stato fatto salpare, alimentato dalle raffiche di «osanna» della stampa che conta, ora inizia a non bastare più. La sensazione è che la barca adesso debba affrontare i marosi di una crisi non certo legata al nome di Berlusconi. I mercati non legano la credibilità di un Paese al nome di chi lo guida ma alle cifre che lo rendono solido. Per ora, di cifre, Monti non ne ha date e quando lo farà saranno rogne. Risultato: piazza Affari in caduta libera e spread che s’impenna. Cosa farà Monti lo si può intuire grazie a indiscrezioni di stampa: Ici, Iva, patrimoniale, tagli alla spesa, mercato del lavoro, liberalizzazioni; ma tutti i capitoli per ora restano «titoli».
Qualche dettaglio in più esce sulle agevolazioni fiscali-assistenziali, dalle quali Monti - nelle vesti di ministro - attingerà quando applicherà la delega di Giulio Tremonti. Secondo il rapporto del gruppo di lavoro del ministero le agevolazioni sono 720 e valgono 253,7 miliardi. Più di quanto stimato in precedenza (poco meno di 500 per 160 miliardi). Monti le sfoltirà con tagli selettivi e non lineari.
Comunque il governo perverrà «nei termini più brevi» alla definizione di misure specifiche per attuare il programma, ha detto ieri il premier. Mentre il suo ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, ha chiesto indulgenza: «Verranno giorni migliori, dovete aver pazienza». Aperture di credito Monti ne ha a bizzeffe e ieri ha incassato anche quella del presidente Usa Obama che in una telefonata al premier ha detto di aver «piena fiducia per i passi che l’Italia sta portando avanti nel suo programma di riforme economiche».
La verità è che per Monti scoprire le carte è pericoloso per via dei veti incrociati, nonostante la maggioranza bulgara che lo sostiene. Paletti che arrivano da tutte le parti: sia partiti politici che parti sociali. Sì all’Ici ma no alla patrimoniale, sì alla patrimoniale ma no all’Ici, sì alla lotta all’evasione ma no alla macelleria sociale. Insomma, il cammino di Monti sarà uno slalom. Nell’attesa di fare i primi passi, il premier veste i panni del «concertista» piuttosto che quelli del «decisionista». Così, consapevole del rischio di rimanere impantanato nei lavori delle Camere, Monti ha già fatto intendere di voler creare una sorta di cinghia di trasmissione permanente con i presidenti delle varie commissioni parlamentari.
La sensazione è che si dovrà aspettare ancora per vedere i contenuti dei suoi provvedimenti così come lo scioglimento dei nodi relativi ai viceministri e ai sottosegretari. I quali saranno tutti tecnici e di cui, come afferma il ministro per gli Affari europei Enzo Moavero, «se ne occuperà Monti». Non prima di venerdì, però.
Il premier infatti è in partenza per una serie di incontri internazionali. Oggi sarà a Bruxelles per un summit con il presidente della Commissione europea José Barroso e con il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy.
Il premier cercherà di rassicurare i due sulla capacità del nostro Paese di raggiungere gli obiettivi: in primis il pareggio di bilancio nel 2013.
Giovedì, invece, avrà un incontro trilaterale con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy che si preannuncia teso. Sul tavolo, infatti, il nodo Eurobond. Sia Monti che Sarkozy faranno pressioni affinché la Germania smetta di puntare i piedi sulle euro-obbligazioni ma anche ieri da Berlino è arrivato soltanto un coro di «no».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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