Esotismo e Grand Tour: Firenze "scopre" il '700

Non solo Rinascimento: in mostra agli Uffizi 130 capolavori fra Tiepolo, Liotard, Goya e Canaletto

Esotismo e Grand Tour: Firenze "scopre" il '700
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da Firenze

Arriviamo davanti agli Uffizi e «la maledetta gru di cui non voglio più sentir parlare» (cit. Simone Verde, che del museo è direttore dal febbraio del 2024) svetta ancora. Tra un mesetto, ci viene assicurato, sparirà e forse ci sorprenderemo a scoprire lo skyline di Firenze com'era fino al 2006, anno in cui «la giraffa di metallo» s'impiantò per poter permettere al cantiere del museo di procedere senza mai chiudere. Grazie a una cordata di finanziatori privati, sarà sostituita da un meno impattante montacarichi: è solo uno dei cambiamenti della «gestione Verde» che nel frattempo ha riaperto gli Appartamenti reali di Palazzo Pitti e il Corridoio Vasariano e riallestito il giardino di Boboli (con 350 panchine «alla francese»: un'idea semplice, ma nessuno ci aveva pensato prima).

«La sfida, qui, è dover gestire tutto insieme», ci dice Verde mentre procediamo a passo rapido davanti all'ingresso dove, ogni anno, si mettono in fila quasi 5,3 milioni di persone (secondo museo più visitato d'Italia dicono i dati del Mic: solo il Colosseo sbiglietta di più). «Tra un paio d'anni, forse anche prima», ci dice il direttore, avverrà una piccola-grande rivoluzione nell'ingresso: il percorso ideato da Isozaki non è più compatibile con i volumi di pubblico di oggi, bisogna cambiare.

Nel frattempo, mentre il cantiere di questi «Nuovi Uffizi» è in corso e nei prossimi 24-36 mesi vedrà riqualificata anche l'area di Levante, dedicata alla pittura del Sei e Settecento, è proprio dal Settecento che il direttore Verde intende ripartire. Ché l'equivalenza Uffizi-Rinascimento-Botticelli funziona come brand, ma non può esaurire tutto. Eccoci allora immersi tra capolavori di Goya, Tiepolo, Canaletto, Le Brun, Liotard, Mengs e tanti altri, protagonisti di Firenze e l'Europa. Arti del Settecento agli Uffizi, mostra curata da Verde e dalla responsabile della pittura del Settecento Alessandra Griffo e allestita da oggi e fino al 28 novembre nelle sale affrescate al piano terreno del museo. Centotrenta opere tra dipinti e sculture, porcellane, stampe, alcune delle quali non si vedevano da una decina d'anni: un migliaio, infatti, i pezzi in deposito risalenti a quel periodo, «un patrimonio importante, ma non è detto che tutto debba essere esposto» chiosa Verde mentre ci indica il suo pezzo preferito in mostra. È il monumentale ritratto di Gian Gastone de' Medici che fu l'ultimo Granduca del casato nell'interpretazione, tutta Ancien Régime e di fasti ormai al tramonto, di Richter. Altra chicca: lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina del francese Pierre Subleyras acquistato dal direttore Verde al Tefaf di Maastricht lo scorso anno per 720mila euro e ora in restauro live davanti agli occhi di noi visitatori.

Questa è una mostra che ribalta più di un pregiudizio sul frivolo Settecento, dimostrando quanto invece fu «estremamente sfaccettato»: sala dopo sala, incontriamo la pittura religiosa devozionale (notevole una Crocifissione di Sebastiano Ricci) che convive con la ritrattistica celebrativa dei Medici e dei Lorena e la pittura di grandi dimensioni (con un Tiepolo che, in un riuscito allestimento, è sospeso a mezz'aria). Deliziosa la sezione di ritratti e autoritratti femminili (Goya, Élisabeth Vigée Le Brun) dove si alternano amazzoni a cavallo a signore di una certa età «che non hanno timore di mostrarsi brutte», commenta Alessandra Griffo. Il Settecento ritrovato agli Uffizi dimostra la fortuna di una certa pittura esotica e della scultura erotica (del resto erano gli anni in cui si leggeva De Sade) e poi la seduzione per il sublime della natura che nutrirà il Romanticismo. Sulle gioie del Grand Tour l'esposizione si chiude, con due formidabili vedute veneziane del Canaletto e il Vesuvio in eruzione di Thomas Patch.

A Firenze arrivano milioni di persone attratte dal mito del Rinascimento ed è nel Settecento che questo periodo venne per la prima volta apprezzato: risale infatti al 1737, e il documento è esposto in mostra, il patto stabilito dall'ultima discendente dei Medici, Anna Maria Luisa, che vincolò la sterminata collezione artistica del suo casato alla città di Firenze «per ornamento dello Stato», trasformando così un tesoro dinastico in un museo modernamente inteso.

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