Esplode un gasdotto in Ucraina Torna l’incubo black out in Europa

Una potente e misteriosa esplosione in territorio ucraino lungo il gasdotto che trasporta il metano russo verso l’Europa occidentale ha risvegliato ieri i timori di una nuova crisi energetica come quella che alla fine del 2005 contrappose Mosca a Kiev, con gli europei nello scomodo ruolo di vittime impotenti. Venti brevi minuti di sospensione delle forniture per permettere le indispensabili riparazioni alle tubature sono bastati a ridestare un incubo e a ricordare quanto sia pesante la nostra dipendenza energetica dalla Russia.
L’allarme è stato dato nel primo pomeriggio dallo stesso ministero ucraino delle emergenze: alle 12.25 ora italiana il gasdotto che dalla remota regione settentrionale russa di Urengoj giunge attraverso l’Ucraina fino al confine slovacco di Uzgorod è stato letteralmente distrutto per circa trenta metri nei pressi del villaggio di Luka, a sud di Kiev.
In un primo momento si erano temute gravi conseguenze per i clienti occidentali della Gazprom, il colosso che controlla tutte le esportazioni del metano russo; questo perché proprio il ministero ucraino aveva parlato di interruzioni delle forniture. La temuta crisi del gas (dai giacimenti di Urengoj arriva in Europa circa il 25 per cento di tutto il metano che vi si consuma, e ben l’86% della quota che l’Italia importa dall’estero) sembra comunque essere stata scongiurata. Un by-pass è stato realizzato per aggirare la parte devastata delle tubature, il calo di pressione provocato dalla chiusura di venti minuti del gasdotto è stato compensato immettendo metano anche da riserve sotterranee disponibili nell’ovest dell’Ucraina e già a metà pomeriggio la società Ukrtransgaz, che si occupa della gestione dei 1160 chilometri del gasdotto che ricadono nel territorio ucraino, ha emesso un comunicato rassicurante: «L’Ucraina rispetterà appieno gli obblighi relativi al transito del gas naturale verso l’Europa».
L’incidente ha provocato immediate e preoccupate reazioni a Bruxelles, che ha monitorato attentamente gli sviluppi della situazione. Il Commissario europeo all’Energia, il lèttone Andris Piebalgs, si è mantenuto in contatto diretto con il collega ucraino Yuri Boiko. Ma se fortunatamente non si sono dovuti registrare problemi nelle forniture del gas, gli sforzi per arrivare a determinare le cause dell’esplosione non hanno per ora portato ad alcun risultato.
Sull’episodio di ieri rimangono fondate perplessità. L’esplosione si è verificata in una regione paludosa, a un chilometro dal villaggio più vicino, ed è stata abbastanza potente da distruggere una tubazione del diametro di un metro e 40 centimetri, scagliando i frammenti a 150 metri di distanza. Allo scoppio ha fatto seguito un incendio, che ha incenerito circa un ettaro di bassa vegetazione, senza peraltro provocare vittime o danni. A questo si aggiunga che ancora diverse ore dopo il fatto le autorità dell’Ucraina non avevano formulato alcuna ipotesi sulle cause dell’accaduto. Va ricordato che questo è politicamente un momento assai delicato, con una grave crisi in corso che vede contrapposti presidenza della Repubblica e Parlamento, attualmente in mano a schieramenti politici rivali.
Il gasdotto Urengoj-Pomary-Uzgorod, completato nel 1983, ha una lunghezza complessiva di ben 4.451 chilometri, di cui 1.160 in territorio ucraino.

Partendo dalle gelide pianure dell’estremo nord della Russia, è in grado di trasportare in un anno 32 miliardi di metri cubi di metano. Dai quali, come i sudori freddi provocati dall’episodio di ieri si sono incaricati di ricordarci, l’Italia e l’Europa restano dipendenti.

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