Politica

Esselunga denuncia la Coop

Paolo Giovanelli

Trecentomila euro per mandare al diavolo le Coop: beato lui che se lo può permettere. «Lui» è Bernardo Caprotti, mitico, e incazzoso, patron di Esselunga, che tra oggi e domani spenderà quei soldi per pubblicare due paginoni pieni di pubblicità su 38 giornali italiani (Manifesto e Unità compresi) per dire «no» alle Coop che vogliono acquistare la sua catena di supermercati e per affermare che quanto a italianità nessuno gli può dare lezioni. Tantomeno quei «comunisti» delle Coop. «Se è quello che deve pagare per toglierseli dai piedi, per lui è un affare» ha detto al Giornale una persona che lo conosce bene.
Tra Coop e Caprotti l’ultima querelle è scoppiata il 21 ottobre scorso: appena ieri, in fondo. Ma ha già trovato il modo di diventare incandescente. Caprotti reagiva a dichiarazioni di esponenti Coop che volevano difendere l’«italianità» di Esselunga. Risultato: un’inserzione su 33 giornali in cui affermava che si trattava di «un disegno mascherato da una strumentale difesa della italianità. In realtà, si vuole così eliminare il concorrente più temibile». Il 28 ottobre la Coop replicava: «Italianità: un valore, non un pretesto».
Chi si illudeva che la cosa finisse lì, sbagliava di grosso. «Italianità? Noi, Esselunga, siamo un’azienda italiana. La nostra bandiera è sempre stato il tricolore, che per noi non è una recente scoperta» attacca Caprotti sulle due pagine in uscita sui giornali. «È indignato, è molto nel suo stile - ha detto al Giornale la stessa fonte citata più sopra - lui dice: Esselunga è mia, non tiratemi per la giacca. Non è vero che sta trattando con Tesco, e se fa trattative con altri sono fatti suoi. Non ha nessuna fretta di levarsi di torno: sta bene di salute, non ha problemi finanziari e si diverte».
Si diverte un po’ meno nella polemica con le Coop: così nell’inserzione sui giornali di oggi attacca «le spericolate dichiarazioni» di «autorevoli personaggi», tra cui il ministro Pierluigi Bersani, il presidente di Capitalia Cesare Geronzi, il presidente del Consiglio Romano Prodi e il ministro dell’Agricoltura, Paolo De Castro. E a questi «personaggi» è stata contata «una favola, un’autentica panzana»: «Che un’azienda di distribuzione alimentare italiana, se a capitale straniero, riempia i suoi scaffali di prodotti esteri». A sostegno delle sue tesi pubblica due tabelle (riportate qui a fianco) per dimostrare due cose: primo, che nei supermercati francesi in Italia l’assortimento dei prodotti d’Oltralpe non supera il 3% del totale, contro poco più del 2% dei supermercati italiani (e il 2,84% di Esselunga). Secondo: che i supermercati Coop hanno prezzi più cari se in zona non c’è la concorrenza di Esselunga. Prende un suo supermercato, quello di via Ripamonti, a Milano, e lo confronta con una dozzina di quelli Coop, sparsi per l’Italia: se i conti sono giusti (ma dicono che Caprotti i conti li sa fare) si va da una differenza minima del 6,6% a una del 13,2%, tutta a sfavore della Coop, che risulta più cara da Trieste a Taranto. «Tutti i dati sono stati rilevati e certificati da società specializzate e indipendenti» afferma la pubblicità, che non ne fa però i nomi.


Ora non ci resta che aspettare la prossima puntata.
Paolo Giovanelli

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