I nostri 007 a caccia di agenti E c'è una valanga di domande

Effetto Datagate: dal primo di luglio un annuncio sul sito dei Servizi segreti. In ventiquattro ore 2.500 candidature

I nostri 007 a caccia di agenti E c'è una valanga di domande

Specialisti, attivisti della rete, esperti «smanettoni» d'Italia escono dall'ombra. È l'effetto «Datagate». Finora i Servizi, per sventare le minacce del cyber terrorismo, si sono avvalsi di ex hacker; «pentiti» e diventati risorsa per la difesa nazionale, andandoli a pescare nelle carceri o attraverso canali di segretezza assoluta. Da questa settimana ci si può invece candidare via curriculum, per essere assunti regolarmente nel comparto Intelligence del nostro Paese.
Un contratto da «hacker», come volgarmente si definisce. Che ha riscosso un successo inaspettato facendo schizzare le domande on line, inoltrate direttamente dal portale del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, a oltre tremila in meno di cinque giorni.
Servono curricula. Ben dettagliati. E pare proprio che ne siano. Il caso Snowden ha acceso i riflettori su questa figura spesso invisa alle autorità per i danni che può creare. Ma se un giovanotto come Snowden può lavorare per gli Stati Uniti, avranno pensato molti, forse posso farlo anch'io, per il mio Paese, ed essere (ben) pagato.
L'intelligence non cerca solo persone con titoli di studio, pubblicazioni, docenze. Meglio se con «attività lavorative» sul campo, dietro un computer, che sappiano anche raccogliere informazioni discretamente. Così, quando lunedì mattina è comparso l'annuncio sul sito, il boom c'è stato davvero. Cerchiamo esperti in «cyber defence, intelligence economico-finanziaria e intelligence energetica». Hacker, appunto. E spioni. Che abbiano maturato studi ed esperienze nei tre diversi settori indicati. L'eco del «cercasi specialisti», spiega una fonte d'intelligence, non è stata inaspettata: 2.500 domande in blocco nel primo giorno on line. Segno che, tra gli esperti, specie nei forum, la notizia di una sostanziale regolarizzazione della figura dell'hacker al servizio del Paese non era una sorpresa. Era attesa, dopo che il direttore generale del Dis (Dipartimento informazioni e sicurezza) Giampiero Massolo, lo scorso 18 giugno aveva spiegato che «all'evoluzione della minaccia corrisponde l'evoluzione della comunicazione».
Cambiano gli attacchi, diventati sempre più spesso cibernetici. E il comparto sicurezza si tiene al passo coi tempi. Sono però pochissime, in Italia, le scuole di formazione o le università che ospitano, per esempio, master post laurea in materia di cyber difesa. Due a Roma promossi dalla Sapienza e poco altro. Massolo stesso, presentando la nuova versione del sito dell'intelligence, fors'anche per allertare chi era in grado di candidarsi, aveva accennato alle collaborazioni con le università per il «reclutamento». Il Datagate ha fatto il resto; se si pensa che l'età media delle domande oscilla tra i 25 e i 35 anni.
Si tratta di un'occasione ghiotta per molti «anonimi» della rete: tecnici o ex consulenti di aziende in cerca di fortuna; giovani laureati in ingegneria elettronica, ma c'è pure una sorpresa. Nelle domande giunte finora - c'è tempo fino al 31 ottobre per candidarsi e il numero è destinato almeno a raddoppiare - figurano pure profili di uomini e donne provenienti dalla Pubblica amministrazione.
Anche negli uffici ministeriali c'è chi aspira a diventare una cosiddetta «barba finta», un agente al servizio della Sicurezza nazionale in grado di prevenire minacce. La Scuola di formazione interna del comparto sicurezza sta facendo il resto, intensificando le connessioni con le università.

È un po' il modello americano, dove sono oltre novemila gli ex hacker, ingegneri, giovani reclutati in ambito universitario che conoscono la realtà virtuale meglio di quella reale; sotto contratto presso il Cyber Command istituito dal Pentagono come analisti o «spioni».

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