Al Cairo il processo al regime. Ma agli egiziani non basta l’ergastolo all'ex rais Mubarak

Disordini nel centro della capitale dopo il verdetto che assolve due figli dell’ex raìs e sei capi della polizia: i Fratelli Musulmani scatenano la piazza contro i giudici. Portato in carcere dopo la sentenza, l'ex leader ha avuto un infarto

Al Cairo il processo al regime. Ma agli egiziani non basta l’ergastolo all'ex rais Mubarak

Un tribunale del Cairo ha condannato l'ex presidente egiziano Hosni Mubarak all'ergastolo per complicità nell'uccisione di manifestanti durante la rivoluzione del 2011. La sentenza è una prima assoluta per il mondo arabo. La stessa pena è stata inflitta all'ex ministro dell'Interno, Habib Al Adly. Sei capi delle forze di sicurezza sono stati invece assolti, come i due figli del raìs, Alaa e Gamal, accusati di corruzione. Il verdetto ha provocato un misto di reazioni, dall'entusiasmo alla disperazione, e ha riportato migliaia di persone in piazza.

Alla lettura della sentenza, trasmessa in diretta dalle tv egiziane, ci sono state incredibili reazioni di gioia. Sia nell'aula del tribunale sia nel grande piazzale davanti all'Accademia di Polizia dove si è tenuto il processo la folla è esplosa in urla di soddisfazione. Ma l'euforia si è tramutata in rabbia quando sono emersi i dettagli della sentenza: Mubarak e il suo ministro Al Adly non sono stati condannati - come richiesto dall'accusa - per aver ordinato violenze contro i manifestanti dal 25 al 29 gennaio 2011, ma per non aver fermato le violenze delle forze di sicurezza. Il verdetto, dunque, non individua alcun responsabile dietro alle morti di gennaio. Nella rivoluzione del 2011 sono rimaste uccise oltre 800 persone.

Dal dolore, riferisce il Guardian citando Twitter, il padre di una delle vittime sarebbe morto di infarto. Ad ingigantire la rabbia popolare è l'assoluzione «per mancanza di prove» di sei capi della sicurezza accusati di essere parte delle decisioni prese durante i concitati giorni della rivoluzione. Sono stati assolti anche i due figli di Mubarak, accusati di corruzione.

Poche ore dopo la notizia, migliaia di persone si sono riversate nelle piazze di tutto il Paese, bandiere egiziane alla mano. Ieri sera, piazza Tahrir, icona della rivoluzione del 2011, era di nuovo piena. Ad Alessandria, tra migliaia di manifestanti, c'era anche la riproduzione di una forca: la pena di morte per l'ex raìs era una concreta possibilità - auspicata da alcuni in Egitto - prima di ieri.

In aula Mubarak, 84 anni, ha ascoltato la sentenza immobile, senza muovere neppure un muscolo del viso, per metà coperto da occhiali scuri. Subito dopo è stato trasportato in elicottero nella prigione cairota di Tora. In volo, si sarebbe sentito male. La fine del suo processo è ancora lontana: la difesa farà appello in Cassazione.

Per l'Egitto e per il mondo arabo, la condanna di un autocrate è una prima dalle proporzioni storiche. C'è però amarezza per tutto quello che arriva assieme alla contestata sentenza: «È un significativo passo avanti nel combattere l'impunità di lunga data in Egitto - ha scritto l'organizzazione per i diritti umani Amnesty International in un comunicato - ma l'assoluzione dei capi della sicurezza lascia molti in attesa di una piena giustizia». «Il popolo vuole ripulire la giustizia», ha gridato il pubblico in aula. «Ingiusto, ingiusto», hanno urlato gremite le piazze egiziane. Alcuni movimenti della rivoluzione e i Fratelli musulmani hanno incoraggiato ieri la popolazione a tornare in strada in segno di protesta: in serata al Cairo c’erano decine di migliaia di persone in piazza Tahrir, epicentro della rivoluzione che ha travolto Mubarak quindici mesi fa.

«È una sentenza politica», spiega al Giornale Naged Al Borai, avvocato e attivista per i diritti umani. «I giudici hanno cercato di fare tutti contenti. E hanno ottenuto il contrario». La sentenza arriva tra i due turni dell'elezione presidenziale e quello che accadrà nelle prossime ore rischia di avere effetto sul voto.

A trarre beneficio da questo verdetto, secondo El Borai, è il candidato dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsy, che il 16 e 17 giugno sfiderà al balottaggio l'ex premier di Mubarak, Ahmed Shafiq: Morsy ha già promesso che se vincerà lui, farà rifare i processi.

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