Cina irrespirabile: Shanghai chiude per inquinamento

Imminente il blocco di scuole, fabbriche e cantieri nella megalopoli da venti milioni di abitanti

Cina irrespirabile: Shanghai chiude per inquinamento

Aria pesante in Cina, e non è né una metafora né un modo di dire. Dopo l'annuncio relativo a Pechino, anche la metropoli di Shanghai, con i suoi circa 20 milioni di abitanti una delle più grandi città del mondo, rischia di chiudere per l'inquinamento atmosferico. In un Paese dove il carbone la fa da padrone e dove più in generale la priorità del governo non è mai stata la salubrità dell'aria, sarebbe una «prima volta» clamorosa.
Shanghai non è una qualsiasi megalopoli cinese: è la capitale economica del colosso del Dragone, la città più occidentale e la più moderna con i suoi nuovissimi grattacieli e i suoi locali alla moda dove scorrono fiumi di denaro. Una città vetrina delle potenzialità di un sistema politico ed economico contraddittorio ma comunque in crescita impressionante. Ed è quindi particolarmente spiacevole dover adottare proprio qui misure di emergenza che testimoniano della gravità della situazione per la salute pubblica.
Ma tant'è. Venerdì il governo di Shanghai ha annunciato che sarà necessario, qualora la qualità dell'aria in città continuasse a peggiorare e sfondasse il limite mai raggiunto di quota 300 nell'indice di qualità dell'aria (AQI), chiudere le scuole, le fabbriche e i cantieri: è praticamente l'annuncio di una paralisi generale. Da tener presente che in molti Paesi il livello di allarme è fissato a quota 20.
Il capitolo delle misure da prendere per cercare di contrastare un inquinamento killer che fa impennare l'incidenza di malattie respiratorie e cardiache è affidato, in perfetto stile maoista, a un piano quinquennale. Quello in vigore prevede che a Shanghai entro il 2017 debba essere ridotta di un quinto la densità nell'atmosfera delle particelle inquinanti di diametro inferiore a 2,5 micrometri (un micrometro equivale a un milionesimo di metro), polveri sottili tra le più pericolose perché in grado di penetrare nei polmoni. A partire dal 2015, inoltre, la circonvallazione esterna della città non potrà più essere percorsa da quei veicoli, che a Shanghai sono circa 180mila, che rientrano nella categoria definita «altamente inquinante». Per incoraggiare l'impiego di automobili elettriche, inoltre, verranno installate cinquemila apposite stazioni di ricarica. Quarantasei chilometri quadrati di nuove aree verdi contribuiranno a rendere più respirabile l'aria in città, e al tempo stesso si cercherà con nuove leggi di incoraggiare la costruzione di edifici eco-compatibili. Ma ci vorranno decenni per invertire la tendenza.
La Cina, a causa di decenni di politiche industriali cieche di fronte agli effetti dell'inquinamento atmosferico e non solo, è uno dei Paesi più inquinati del mondo. La città dall'aria più irrespirabile si chiama Shijazhuang, con uno spaventevole AQI di 217, ma anche Baoding non scherza con 190. Pechino si ferma a 119, il che ne fa la quattordicesima città più impestata del Paese. La stampa denuncia ampiamente la gravità della situazione, ma forse più dei dati fanno impressione le fotografie pubblicate, che mostrano città immerse in nebbie nerastre che il sole non riesce a penetrare, camini che vomitano fumi di carbone densi e nerissimi. Quanto agli odori terribili di queste emissioni, nessun giornale può riprodurli, ma i cinesi e gli stranieri che visitano la Cina ben li conoscono.


Nessun dubbio dunque sulle cifre pubblicate dal Financial Times secondo cui le aspettative di vita nel nord industriale della Cina sono in media di cinque anni e mezzo inferiori a quelle del sud agricolo. Solo il China Daily ha tentato di smentire, ma nessuno gli crede.

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