Cvs, la seconda più importante catena di drugstore americani, sfratta le sigarette dai suoi scaffali. Il gigante della distribuzione smetterà di vendere prodotti derivati dal tabacco entro il primo ottobre. Una scelta clamorosa, che comporterà una perdita valutata in due miliardi di dollari.
«È la cosa giusta da fare per aiutare la salute della gente», ha dichiarato l'Ad Larry Merlo, prontamente applaudito dalla Casa Bianca. Per il presidente Barack Obama quello di Cvs «è un esempio potente, una decisione che salverà vite, oltre che una scelta in linea con gli sforzi antifumo dell'amministrazione per ridurre malattie e morti legate al fumo e ad abbassare nel lungo periodo i costi della salute».
Applausi anche da parte di organizzazioni come la American Medical Association e la American Cancer Society che da anni si battono per dimostrare che il fumo uccide (morti stimate, 480 mila all'anno) e dell'ex sindaco di New York Michael Bloomberg che ha mandato in esilio le sigarette dai luoghi pubblici della Big Apple negli anni del suo triplice mandato.
Da Cvs si comprano oltre a medicine, vitamine e farmaci da banco, una varietà di prodotti, dallo shampoo ai cosmetici, decorazioni di Natale, cartoline e scatolami. Lo sfratto a tabacco e affini prelude a una metamorfosi della catena da colosso del dettaglio e drugstore tradizionale (fondato nel 1963 in Massachusetts e all'epoca i clienti dovevano imbustare da soli gli acquisti alla cassa) in fornitore di servizi per la salute. Centinaia di filiali Cvs hanno oggi al loro interno mini-ambulatori che offrono consigli sanitari ai clienti che visitano le sue farmacie. In questo Cvs è più avanti della concorrenza: dopo la fusione nel 2007 con Caremark, ha avviato programmi di collaborazione con mutue e datori di lavoro per tenere sotto controllo i costi delle medicine (nel 2013 uno studio della Ohio State University ha scoperto che un dipendente fumatore costa all'azienda 5.800 dollari l'anno).
Alla luce delle nuove scelte aziendali, i due miliardi di dollari di perdite previste con lo sfratto sono poca cosa dunque rispetto al giro d'affari complessivo (123 miliardi di dollari nel 2013) e alle prospettive di riconversione: «Lavorano da noi 26 mila farmacisti e paramedici che aiutano i pazienti a far fronte a problemi cronici, dal colesterolo all'ipertensione e ai problemi cardiaci, tutte malattie legate al fumo. Tenere le sigarette sotto lo stesso tetto ci è sembrato un controsenso», ha detto Merlo.
Grazie ai divieti di accendere in luoghi pubblici in molti stati e città, i fumatori negli Usa sono diminuiti dal 42% degli adulti nel 1965 al 18% di oggi, e tuttavia 42 milioni di americani non hanno ancora rinunciato al piacere della sigaretta.
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