Un’altra battaglia. L’attacco aereo ad un accampamento nella provincia di Narino, vicino alla frontiera con l’Ecuador. Le bombe sganciate dall’alto. A terra sono rimasti i corpi di 20 guerriglieri delle Farc che hanno sacrificato le loro vite all’utopia di una rivoluzione marxista in cui ormai non crede più nessuno. La guerra dimenticata fra regolari e terroristi di estrema sinistra va avanti in Colombia da quasi mezzo secolo e i numeri del conflitto sono spaventosi: seicentomila morti, quindicimila dispersi e quattro milioni di sfollati. Un disastro per l’economia del Paese, per la sua gente, per la stabilità di tutto il Sudamerica. Ora si spera solo che questa mattanza insensata possa finire. Il presidente Juan Manuel Santos ha avvisato i ribelli: le Farc hanno un anno di tempo per trovare un accordo di pace. “Non si deve andare oltre il novembre 2013”. I negoziati per porre fine alla tragedia sono iniziati in Norvegia il 18 ottobre scorso e poi si sono spostati a Cuba. Ma l’esercito di Bogotà si è rifiutato di aderire al cessate il fuoco, proclamato unilateralmente dai terroristi il 19 novembre.
Negli ultimi anni le Farc, famose purtroppo in tutto il mondo per aver gestito lunghissimi sequestri di persona nella giungla, hanno subito durissimi colpi fino alla liberazione dell’ostaggio più famoso, Ingrid Betancourt, ma il massacro, da una parte e dall’altra, va avanti.
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