L'indagine in diretta del "Garlasco show". Legali, esperti e pm: la bussola perduta tra proclami e silenzi

Colpi di scena, aria fritta e svolte reali: nel caos l’Italia si divide in fazioni. Il ruolo attivo e quello più defilato dei protagonisti

Immagine di repertorio
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"Altro che segreto investigativo. Tutto avviene in diretta, forse è ora di smetterla". (Domenico Aiello, difensore di Mario Venditti, 25 settembre 2025).

Il sospetto che un innocente sia in carcere da dieci anni, e che il vero colpevole assista all'ingiustizia senza farsi problemi. Oppure: la convinzione inossidabile che Alberto Stasi abbia davvero ucciso la sua ragazza Chiara Poggi, la mattina del 13 agosto 2007, e che la nuova indagine a carico di Andrea Sempio stia perseguitando e distruggendo un innocente. Però nè la divisione italica tra le due fazioni, né il susseguirsi di colpi di scena veri o presunti basterebbe a tenere alta l'attenzione compulsiva dell'opinione pubblica su Garlasco se non stessimo assistendo all'inedito di una indagine in presa diretta, dove la presenza scenica dei protagonisti dà corpo e volto a notizie altrimenti aride.

Sfilano sotto le telecamere genetisti, medici legali, criminologi, spesso direttamente pagati dall'una o per l'altra parte processuale, Ma l'architrave è la visibilità dei diretti protagonisti, a partire da Sempio, raro esemplare di accusato di omicidio che prova a spiegare le sue ragioni in diretta tv. E poi sua madre, suo padre, i suoi avvocati, i consulenti, tutti in sindrome da visibilità in cui gli argomenti concreti diluiscono e perdono efficacia. Non tutti parlano. Tace - anche perché l'unica volta che ha parlato ha rischiato la revoca della semilibertà - Alberto Stasi, l'unico che sa davvero cosa accadde a Garlasco quella mattina, e che assiste con comprensibile trepidazione agli sviluppi dell'indagine su Sempio. All suo posto parlano i suoi legali, soprattutto Antonio De Rensis, ubiquo nella sua battaglia mediatica, che nasce come battaglia per l'innocenza di Stasi ma diventa inevitabilmente campagna per la colpevolezza di Sempio: perché per ribaltare tutto la giustizia ha bisogno di un altro assassino da condannare. Tacciono altri due direttamente coinvolti, il papà e la mamma di Chiara: ma quel che pensano lo spiega senza farsi pregare il loro avvocato Gianluigi Tizzoni, per loro il caso è chiuso, l'assassino è Stasi e nulla di quanto uscito farà loro cambiare idea. E tace soprattutto la Procura di Pavia, cuore e motore della nuova indagine, in sei mesi solo la miseria di tre comunicati: ma per il procuratore Fabio Napoleone e il suo braccio destro Stefano Civardi parlano gli atti, che appena depositati alle difese entrano in circolo, e raccontano meglio di un'intervista lo stato dell'arte. O meglio: quel che la Procura ritiene lecito e consono rendere noto, il resto sta lì, chiuso nelle stanze dei pm, pronto a venire sfoderato al momento opportuno. Ma quel che emerge è sufficiente a alimentare il vortice di una attenzione dove però si mischia tutto, roba seria e aria fritta, e dove anche per osservatori esperti è dura non perdere la bussola.

Poi, come se il resto non bastasse, arriva il botto di fine settembre, con l'accusa di corruzione all'ex procuratore Mario Venditti, che per due volte archiviò la pista che portava a Sempio, e al pubblico dei siti, dei giornali e della tele viene raccontato in diretta una specie di spinoff del giallo principale, magistrati che accusano ex magistrati e poi, come accaduto l'altro giorno, si vedono dare torto da altri magistrati che ordinano di restituire a Venditti i computer sequestrati: e anche qui c'è chi parla a man salva, il legale di Venditti Domenico Aiello che chiede l'intervento del ministro per bloccare un'indagine usata "per vendetta personale" contro l'ex procuratore. Come, da chi, perché non si sa: intanto però lo scontro sale di tono, lo scenario si affolla, e come stupirsi se i telespettatori non riescono a cambiare canale? Dove lo trovano un altro come il maresciallo Silvio Sapone, che va in diretta a dire di non avere mai conosciuto Sempio, mai parlato con Sempio e poi saltano fuori una sfilza di telefonate?

Ecco,

forse così si spiega l'ubriacatura di un paese per il caso Garlasco. Che prima o poi (ma ci vorranno anni) finirà di essere un caso giudiziario. E resterà un caso per le tesi di laurea in scienza della comunicazione.

(2. fine)

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