È stato il colpo più duro contro il potere di Bashar El Assad in 17 mesi di rivolta. Ieri, un attacco contro i gradi più alti degli apparati di sicurezza a Damasco ha ferito il regime nelle sue viscere.
Un'esplosione in un quartier generale della sicurezza nel centro di Damasco ha ucciso il ministro della Difesa Daoud Rajah; il cognato di Assad, Asef Shawkat, vice ministro della Difesa; un assistente alla vice presidenza, il generale Hassan Turkmeni. Lo ha riportato la tv di Stato siriana. Secondo al Jazeera, anche il ministro dell'Interno, Mohammed Sha'ar, sarebbe morto. Per il ministro dell'Informazione Omran Zoabi, dietro all'attentato ci sarebbero «agenzie di intelligence» arabe e occidentali. L'Esercito libero siriano ha rivendicato l'azione e il generale Riad Al Assad, comandante delle forze ribelli, ha parlato di «inizio della fine del regime».
Sono ancora poco chiare le dinamiche dell'attentato, ma molti analisti ieri hanno parlato della possibilità di crepe interne al regime. Se per la tv di Stato l'esplosione è stata causata da un attentatore suicida, fonti dell'Esercito libero hanno detto alla Cnn che è avvenuta attraverso un ordigno comandato a distanza, nascosto all'interno della stanza in cui si teneva una riunione dei leader della sicurezza.
Qualsiasi sia la trama, il fatto che i media di Stato abbiano ammesso così ingenti perdite è il segnale di una svolta. Sul web per alcune ore è girata la voce che a piazzare l'ordigno sarebbe stato un membro della Guardia presidenziale. «Chiunque abbia portato a termine l'operazione possedeva incredibili informazioni di intelligence» spiega Stephen Starr, giornalista e autore di «Revolt in Syria».
Il ministro della Difesa Rajah, uno dei pochi membri cristiani dell'establishment della sicurezza, dominato dalla minoranza alawita che guida il Paese, era considerato una delle figure più prominenti nella struttura di potere, architetto della repressione. È stato sostituito dall'ex capo di Stato maggiore Fahad Al Freij. Il colpo più duro al regime arriva con l'uccisione di Assad, Asef Shawkat: marito della potente sorella maggiore del presidente, Bushra, Shawkat è considerato uno degli uomini forti del regime. Dal 2006 Washington impone contro di lui sanzioni, per sospetti di un suo coinvolgimento nell'assassinio dell'ex premier libanese Rafik Hariri nel 2005.
Nelle ore successive all'attacco, si sono susseguite notizie non confermate di defezioni nell'esercito. «È troppo presto per parlare di una svolta - spiega ancora Starr - le prossime ore sono cruciali: non mi sorprenderei se uomini d'affari o alti funzionari decidano adesso da che parte stare». Continuano infatti gli scontri iniziati tre giorni fa in molte aree della capitale, soprattutto nel quartiere di Midan, a Sud della città vecchia, e nei sobborghi settentrionali di Qabun.
Con l'aumentare delle violenze, la comunità internazionale resta bloccata e divisa. Dopo l'attacco di ieri, la Russia ha parlato di «atto di destabilizzazione». Teheran ha chiesto «la fine immediata delle interferenze straniere». Per la Casa Bianca è chiaro che Assad sta perdendo il controllo ed è ora che la comunità internazionale lavori alla transizione.
Ieri, Il Consiglio di Sicurezza ha rimandato il voto in programma in serata su una risoluzione sulla Siria. L'inviato dell'Onu e della Lega araba per la Siria, Kofi Annan, ha chiesto alle potenze internazionali di unirsi per mettere fine al «bagno di sangue».
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