«Crimini di guerra» Londra indagata per 60 omicidi in Irak

Choc nel Regno Unito, accusato di abusi durante l'occupazione militare: "Ci equiparano al Centrafrica"

«Crimini di guerra» Londra indagata per 60 omicidi in Irak

Loro certe cose le sanno sempre per primi. È il giro di Wikileaks, di Julian Assange e di Ed Snowden, dopo tutto, quello che fa vincere i premi Pulitzer e diventare «giornale dell'anno» in Gran Bretagna. E quando c'è da denunciare al mondo i (presunti) crimini del proprio Paese lasciando in secondo piano quelli (certi) di altri, non si fanno mai pregare. The Guardian, storico alfiere della sinistra inglese, lancia in prima pagina una notizia che farà molto piacere agli inconsolabili orfani del dittatore iracheno Saddam Hussein, quello che faceva gasare coi nervini i curdi più riottosi: il Tribunale internazionale dell'Aia sta esaminando documenti che potrebbero condurre a un'indagine formale nei confronti di responsabili militari britannici attivi in Iraq tra il 2003 e il 2008.

Un colpo pesantissimo al prestigio del Regno Unito, che diventa così il primo Paese occidentale a essere fatto oggetto di un'indagine preliminare del Tribunale internazionale. L'accusa considera circa sessanta casi di presunte «uccisioni illegali» e 170 denunce di maltrattamenti subiti da iracheni tenuti in custodia da parte di militari di Sua Maestà. Il Guardian scrive prudentemente che fonti della Difesa di Londra confidano che la Corte internazionale rinuncerà a passare alla fase delle indagini, soprattutto perché dovrebbe prendere atto che il Regno Unito è in grado di svolgerne adeguatamente di propria iniziativa (va anche tenuto conto che le indagini preliminari possono richiedere anni). Ma non può evitare di sottolineare che il Paese culla delle libertà occidentali si troverà in quest'occasione nell'imbarazzante compagnia di altri dove la vita umana ha di solito ben minor valore: vengono citati il Centrafrica, la Colombia, l'Afghanistan.

A differenza di quanto accade negli Stati Uniti, che impediscono a qualsiasi tribunale straniero di giudicare i propri uomini in divisa, la legge britannica riconosce la giurisdizione della Corte internazionale. L'avvocato generale dello Stato Dominic Grieve, ha assicurato che «il Regno Unito è stato e rimane un deciso sostenitore del Tribunale» e che «forniremo all'ufficio del pubblico accusatore tutto ciò che è necessario per dimostrare che la giustizia britannica sta già facendo il proprio corso» sui casi denunciati. D'altra parte, lo stesso Grieve e la Spa, l'authority responsabile della conduzione dei casi suscettibili di corte marziale, potrebbero finire nel mirino della Corte dell'Aia. Non è dunque difficile immaginare le ricadute politiche di questo caso in Gran Bretagna, e la «benzina» che esso potrebbe fornire in vista delle elezioni europee a un partito sovranista come l'Ukip, che già viaggia nei sondaggi attorno al 15 per cento.

Ma quali sono e da dove arrivano le accuse di crimini di guerra contro i militari britannici? Fatou Bensouda, accusatore capo del Tribunale dell'Aia, ha dato il via alle indagini dopo una denuncia inviata nel gennaio scorso per conto della famiglia di Baha Mousa - dipendente di un hotel iracheno torturato a morte da soldati inglesi nel 2003: per quel caso un caporale reo confesso fu condannato un anno di carcere - da una organizzazione per la difesa dei diritti umani con sede a Berlino e da uno studio legale di Birmingham che ha già rappresentato gli interessi di un gran numero di ex detenuti iracheni che denunciano presunti maltrattamenti. Secondo il Tribunale dell'Aia, riporta il Guardian, già dopo denunce ricevute nel 2006 esistevano «ragionevoli motivi per ritenere che siano stati commessi crimini quali omicidi volontari e trattamenti inumani».

Ma in tempi più recenti, soprattutto dopo l'istituzione in Iraq di una squadra di investigazione sulle denunce di abusi commessi nei cinque anni di occupazione militare britannica nel sud del Paese, i casi si sono moltiplicati. Ed è spiacevole ma inevitabile ricordare quanto labile possa essere il confine tra uso legale e illegale della forza in certe circostanze.

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