LA CRISI IN MEDIO ORIENTE

Gaza CityPochi minuti dopo l'annuncio di un cessate il fuoco tra Israele e Hamas, le strade della città di Gaza erano silenziose e deserte. La popolazione è rimasta nelle proprie case, dubbiosa. Il ronzio dei droni era ancora costante nel cielo, ci sono stati nuovi raid israeliani e ancora lanci di razzi da Gaza su Israele a pochi minuti dall'inizio del cessate il fuoco. Un razzo sarebbe caduto anche sul Nord d'Israele dal Libano (Tel Aviv però ha smentito) mentre un soldato israeliano è stato ucciso da un missile a Eshkol. Soltanto dopo l'effettivo inizio della tregua, la radio di Hamas ha iniziato a parlare di «grande vittoria». «Allahu Akbar», Dio è Grande, hanno gridato gli altoparlanti delle moschee, mentre i sostenitori di Hamas sparavano in aria per festeggiare.
Il ministro degli Esteri egiziano, Mohammed Kamal Amr, ha annunciato una tregua al Cairo al fianco del segretario di Stato americano Hillary Clinton che ha iniziato il suo intervento sottolineando il ruolo del nuovo Egitto di Mohammed Morsi nella risoluzione della crisi. Soltanto poche ore prima, sul lungomare di Gaza, tre giovani scaricavano materassi e coperte da un'automobile: la famiglia, in arrivo da Nord, maggiormente colpito tra le bombe, si stava trasferendo da parenti. Lo hanno fatto tanti altri la notte prima, dopo aver letto i volantini gettati dagli aerei israeliani: «Ci hanno chiesto di evacuare - spiega Mona, residente di una cittadina del Nord, vicino al confine - siamo venuti qui soltanto con le coperte dei bambini». Ieri mattina, la donna sedeva nella classe di una scuola delle Nazioni unite nel centro di Gaza, che ospita da due giorni oltre 1.700 persone, partite dalle loro case per timore dei bombardamenti israeliani.
Quella di ieri è stata una giornata che non sembrava essere destinata a chiudersi con un cessate il fuoco. Autocisterne con acqua potabile venivano parcheggiate nell'ampio cortile della scuola, sono arrivati i camion dell'Onu con centinaia di materassi per gli sfollati. La popolazione si preparava ad altri attacchi. L'ennesimo colpo alle mediazioni sembrava essere arrivato nel pomeriggio, quando per la prima volta dal 2006 un attentato terroristico ha colpito il cuore di Tel Aviv. Una bomba - forse posizionata sotto un sedile - ha fatto esplodere un autobus, facendo risorgere nella vivace città israeliana incubi del passato. Oltre 20 persone sono rimaste ferite in un attacco rivendicato da più di un gruppo radicale palestinese. Alcune moschee di Gaza hanno celebrato l'attacco terroristico, c'è chi è sceso in strada sparando in aria colpi di arma da fuoco, un portavoce di Hamas ha «benedetto» l'azione, ma il gruppo islamista non ne ha rivendicato la responsabilità. La tregua è arrivata inaspettata dopo questo attentato. In molti infatti pensavano che Benjamin Netanyahu - sotto pressione di un'opinione pubblica scioccata dall'attacco - congelasse le mediazioni. Sono state più forti le pressioni americane. Il premier israeliano in una conferenza stampa ha ringraziato Washington per il suo sostegno all'operazione. Il presidente Barack Obama in una telefonata ha ribadito l'appoggio americano alla sicurezza d'Israele e lodato l'impegno di Netanyahu nei negoziati con l'Egitto. Ora, il Cairo ha la responsabilità dell'implementazione del cessate il fuoco.

Le condizioni dell'accordo sarebbero la fine delle ostilità dalle due parti, la cessazione degli attacchi mirati da parte di Israele e la riapertura dei valichi di Gaza. Ma Netanyahu ha già avvertito: se non dovesse reggere l'accordo, «ci sarà un'azione militare più dura».
Twitter: @rollascolari

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