Cairo - Decine di uomini controllano le entrate della piazza nei sobborghi del Cairo dove si riuniscono i sostenitori del deposto presidente egiziano. Indossano caschi in plastica da cantiere, blu e gialli, hanno in mano bastoni in legno: «Per protezione», dicono, in caso di attacchi. In un'altra parte della città, nel polveroso ufficio di «Tamarrud», la campagna che con 22 milioni di firme contro Mohammed Morsi ha portato in piazza centinaia di migliaia di egiziani, gli attivisti temono nuove violenze.
All'alba di ieri, dopo una giornata di protesta del fronte islamista, il ministero della Salute egiziano ha contato 37 vittime. Il timore di nuovi scontri nella capitale resta alto e sale la preoccupazione anche in una regione da sempre difficile da controllare. In seguito alla deposizione del presidente islamista, ci sono stati disordini nel Nord del Sinai, nell'area al confine con la Striscia di Gaza e Israele.
Dall'uscita di scena del loro leader Morsi, i Fratelli musulmani hanno chiesto ai sostenitori di manifestare pacificamente. Il fronte islamista in Egitto però non è compatto ed è formato anche da gruppi particolarmente radicali e, in Sinai, armati. Ieri, nella cittadina di Al Arish un prete cristiano copto è stato ucciso da colpi di arma da fuoco davanti alla sua chiesa, in quello che sembra essere il primo attacco a sfondo religioso dall'inizio della crisi. Il giorno prima, miliziani armati hanno ucciso cinque uomini delle forze di sicurezza egiziane, sempre nel Nord del Sinai, dove ieri sarebbe emersa una nuova formazione islamista. Ansar El Sharia (i partigiani della legge coranica) ha fatto sapere su un sito che la deposizione di Morsi è offesa alla fede musulmana e ha annunciato che prenderà le armi.
L'esercito egiziano, nei giorni delle proteste, ha aumentato la sua presenza nell'area, in accordo con i vicini israeliani che monitorano la situazione lungo il loro confine. Per ora l'instabilità non sembra aver fermato i turisti che continuano a partire per le spiagge del Sud del Sinai, dove anche la Farnesina non sconsiglia di viaggiare. Quella parte della penisola è «priorità per le forze di sicurezza, proprio per via del turismo», spiega al Giornale Gamal Abdel Gawad Soltan, direttore del Centro di Studi strategici dell'Ahram. «Il rischio è soprattutto nel Nord del Sinai, dove gruppi radicali potrebbero tentare altre azioni contro gli apparati di sicurezza. Esercito e polizia lo sanno bene e per questo hanno rafforzato la loro presenza. Più velocemente finisce la crisi politica, prima tornerà la sicurezza».
E nelle scorse ore ha fatto progressi l'attuazione della road map presentata dai militari, anche se questo non sembra mettere fine alla polarizzazione. Mohammed ElBaradei è stato convocato in serata al palazzo presidenziale. Sarà il nuovo premier egiziano sembrano certi, ma la tv di Stato smentisce: avrebbe già chiesto però di avere «piene prerogative» e che, se nominato, intende realizzare un governo di coalizione con tutte le forze politiche.
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