Haiyan ha spazzato via tutto, ma non la speranza di trovare in vita dodici italiani. L'allarme per i nostri connazionali era stato lanciato ieri mattina dall'ambasciatore a Manila Massimo Roscigno che aveva parlato di «una dozzina di persone che ci sono state segnalate o di cui ci sono state richieste notizie e che non siamo ancora riusciti a contattare». In giornata è arrivata la nota ufficiale del ministro degli Esteri Emma Bonino che ha confermato che ci sarebbero una dozzina di italiani di cui non si conosce la sorte. «Alcuni di questi - ha spiegato - non si erano registrati né sul sito e neppure si erano manifestati prima. Di fatto siamo stati allertati dalle famiglie». Non è detto però che siano turisti. Un centinaio di connazionali vive nelle Filippine da anni, molti operano per associazioni di volontariato laiche e religiose.
Nell'attesa c'è un'immagine che è così anacronistica da diventare un tuffo al cuore. È quella di Bea Joy, una pennellata di ottimismo in un quadro dalle tinte cupe. La neonata, simbolo del riscatto filippino, è venuta al mondo ieri a Tacloban per fare da contraltare ai 10mila morti e agli oltre 4 milioni di persone coinvolte dalla tragedia. La piccola è nata in una struttura di un aeroporto devastato che è stato trasformato in un ospedale di fortuna, in un letto di legno compensato. La madre Emily Sagalis, 21 anni, si è salvata nuotando nella piena e poi ha camminato per chilometri, a piedi, prima che un camion la portasse all'aeroporto-ospedale. È stremata, ma trova la forza di sorridere. «La nostra casa è stata spazzata via da onde gigantesche. Ho perso mia madre Beatriz, che ora rivive in Bea. Potrà sembrare assurdo, ma questo per me è un giorno felice». Lo è anche per Atom Araullo, il reporter diventato eroe nazionale dopo aver sfidato la furia del tifone. Il video della sua diretta su You Tube è stato visto da quasi 2 milioni di persone.
Non si sentono eroi, ma di sicuro fortunati i vietnamiti, a cui passaggio di Haiyan ha creato minor devastazione. Il tifone è arrivato accompagnato da venti che hanno superato i 100 km orari. Ha sradicato alberi e portato via i tetti di centinaia di case. La capitale Hanoi ha sofferto allagamenti, ma secondo le autorità ci sarebbero state solamente dieci vittime, mentre gli sfollati sarebbero 600mila. L'aeroporto è rimasto aperto, anche se diversi voli interni sono stati cancellati. Il tifone quindi ha perso ulteriore potenza ed è stato declassato a tempesta tropicale dopo l'arrivo sul sud della Cina, ma ha seminato vittime nella provincia dello Guangxi Zhuang dove ha causato quattro morti e almeno sette dispersi.
Come era prevedibile la macchina internazionale degli aiuti si è messa in moto con celerità. A dare l'esempio Papa Francesco, che tramite il Pontificio Consiglio «Cor Unum», ha stabilito di inviare un primo contributo di 150mila dollari. Gli Stati Uniti partecipano ai soccorsi con 90 marines, due C-130 e due elicotteri MV-22 specializzati in operazioni in ambienti difficili. L'Unicef si sta mobilitando per assistere quattro milioni di bambini. Anche la filiale italiana ha aperto una campagna di raccolta fondi. Un gruppo di Medici senza frontiere è arrivato a Cebu (la seconda città più grande delle Filippine), a loro si uniranno nei prossimi giorni altri 30 fra medici e psicologi. La Caritas italiana ha stanziato 100mila euro, la Cei ha donato 3 milioni derivanti dall'otto per mille. L'Ue ha messo a disposizione 3 milioni di euro. L'Australia farà la sua parte con 10 milioni di dollari, teloni, materassini, zanzariere, contenitori per l'acqua e kit igienici. La Gran Bretagna donerà alloggi temporanei, teli di plastica per un valore di cinque milioni. La Nuova Zelanda donerà 20 milioni di dollari. Anche l'Indonesia invierà personale medico, insieme ad acqua potabile, viveri, generatori e antibiotici. Soccorsi in arrivo anche dall'Onu, il cui segretario generale Ban Ki-moon si è detto «profondamente preoccupato per l'impatto del tifone che ha colpito le Filippine» e ha aggiunto di essere «in contatto continuo con il presidente Aquino», che ha proclamato lo stato di calamità in tutto il Paese. Ai danni tra l'altro si aggiungono gli sciacalli. Nelle zone devastate sono stati inviati altri 500 soldati per evitare saccheggi e assalti agli aiuti.
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