Allora, abbiamo di nuovo Hosni Moubarak fra i vivi. Certamente la prigione di Maadi al Cairo, dove passerà qualche tempo agli arresti domiciliari, sarà meta di pellegrinaggi e di contestazioni. Già c'è confusione intorno al carcere di Tora ma talmente di meno di quello che l'evento della scarcerazione vale dal punto di vista simbolico.
Il generale Sisi ha liberato il nemico dei Fratelli Musulmani, la loro sconfitta è totale, e insieme ha sepolto la rivoluzione di due anni e mezzo fa, in cui la deposizione di Mubarak era l'obiettivo generale. Ora l'Egitto ha un altro faraone, Sisi, Mubarak ne testimonia il potere sconfinato. Le accuse di corruzione sono cadute. Il processo sulle uccisioni dei cittadini deve ancora arrivare al giudizio definitivo. Ma vedendo il raìs in giro non si può fare a meno di stropicciarsi gli occhi: il Medio Oriente è un folle giuoco dell'oca dove tutto si agita e niente si muove, dove la tragedia diventa polvere, persino le armi chimiche di Assad sono una falena, e si torna sempre al punto di partenza, pronti a gettare di nuovo i dadi. Il flash back ci sussurra che non è successo niente, la figura resuscitata di Mubarak, che non ha mai amato l'Occidente benché ci intrattenesse accordi fondamentali che tenevano in vita il suo regime, il guardiano dell'accordo con Israele, che non ha mai potuto soffrire e con cui ha saputo tuttavia condividere la lotta contro i terroristi di Hamas e gli jihadisti del Sinai, l'85enne che ha avuto come linea guida l'idea che la stabilità unita al progresso economico è un valore molto più importante della democrazia.
Mubarak è vecchio e ha il cancro da tre anni, Sisi che lo ha rimesso in circolazione sa bene che non rappresenta un pericolo. Ma è potenete l'immagine che ci riporta a due anni e mezzo fa, con gli occhiali da sole sul volto imperturbabile, l'aria marziale e monumentale, i suoi ben portati trent'anni di dittatura da cui è scaturita la rivoluzione. Il gioco dell'oca si fa paradossale se si pensa che El Baradei, uno dei leader del colpo di stato, se n'è tornato a Vienna, sede dell'Aiea, l'agenzia dell'Onu per l'Energia Atomica, che egli ha diretto .
Il gioco dell'oca spuò essere brutale: i morti, la violenza, il sangue in Medio Oriente non suscitano politiche robuste, morali, sensate. Sull'Egitto, l'Europa riesce al massimo riunendo tutto l'apparato dei ministri degli Esteri, a fermare le forniture militari, e per il resto lascia campo libero a ciascuno dei Paesi dell'Ue, ovvero ai loro consueti dissensi. Niente di nuovo. Ma quel che è peggio è che il giuoco dell'oca torna crudelmente all'inizio anche in Siria: siamo come un anno fa a misurare l'orrore, a contare centomila morti più quelli uccisi dal gas, a dedicare a Assad solo esclamazioni.
È ormai passato un anno da quando Obama ha promesso al mondo intero che l'uso delle armi chimiche non sarebbe stato tollerato, che rappresentava una linea rossa oltre la quale il mondo civile non è disposto ad avventurarsi. La linea rossa si è scolorita. Con una serie di penosi distinguo si è al punto per cui una strage compiuta con gas Sarin di civili, donne, bambini, diventa di nuovo, dopo che ce n'era già stata una, oggetto di paludate indagini che non arriveranno a nulla prima che Assad compia un'altra strage.
Questa settimana il capo di stato maggiore Martin Dempsey ha escluso completamente l'uso di armi americane. Il suo argomento non è illogico: i nemici di Assad appartengono in parte al campo della jihad in parte legata ad Al Qaida, che non promette niente di buono. Ma questo non salva la superpotenza americana e l'Europa dal dovere di difendere il mondo dall'imbarbarimento. L'irrelevanza americana spinge Assad a sentirsi adesso libero di agire nel più crudele dei modi tanto Obama non farà niente, mentre Putin seguiterà a sostenerlo apertamente e a fornirgli aiuto e armi.
Gli Hezbollah o qualche gruppo jihadista cercano di aprire un fronte con Israele, e si scalda di nuovo il confine col Libano da cui ieri sono stati sparati quattro missili Grad sul nord d'Israele. In Israele l'allarme è massimo: stavolta il possibile scenario di guerra ha i colori di una Siria impazzita e dell'Iran che si staglia dietro gli Hezbollah. Anche questo, come prima, più di prima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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