Parigi - L’eredità del padre, l’eredità dell’avversario. La fiducia del 19 per cento dei francesi al primo turno di questa elezione è andata dunque a Marine Le Pen. La donna trasformatisi in «terzo uomo» delle presidenziali 2012.
Fino a poche settimane fa rischiava perfino di non concorrere per l’Eliseo. Le cinquecento firme necessarie a formulare la propria candidatura, Le Pen le ha raccolte a fatica. Mentre i media erano monopolizzati dai messaggi di Sarkozy, che in quel frangente aveva virato a destra su molti dossier cari all’avversaria per riprendere terreno.
Se la sono giocata a colpi di propaganda a destra, questa elezione. E Sarkozy, che comunque confida nel secondo turno per un recupero ancora possibile, spiegavano ieri gli strateghi della sua campagna, ha perso anzitutto contro di lei. Le Pen. Non solo col diretto avversario socialista, ma con la concorrente. Che gli ha sfilato molti giovani, ma anche famiglie intere che si sono lasciate affascinare dal suo programma. Come ha convinto, dunque, Marine Le Pen il 19 per cento dei francesi a votare per lei?
«La destra ha disertato l’idea di patria, sottomettendola alle leggi del mercato. La sinistra invece l'ha disertata rimpiazzandola con l'internazionalismo. Il voto per il Front National è l'unico che conta in queste elezioni, io sono l'unico candidato che si oppone al sistema», aveva detto ai militanti e ai potenziali elettori che inneggiavano a «Marine présidente!», in migliaia accorsi allo Zenith di Parigi per l'ultimo grande comizio prima del voto. Tutti in attesa di capire se potesse davvero registrare l'exploit, questa avvocatessa quarantaquattrenne, divorziata, madre di tre figli e nuova regina della retorica politica. Abbandono dell'euro e uscita dall'Unione europea sono stati solo alcuni dei suoi propositi iniziali, poi il programma elettorale l'ha tarato sulla vita di tutti i giorni, parlando di aumento del salario minimo, di abbassamento dell'età pensionabile a 60 anni e di proporzionalità della tassa sul reddito. Fino alla provocatoria uscita dalla Nato.
Marine Le Pen ha ripensato l'intero discorso frontista, riverniciando parte della storia di estrema destra del padre, Jean-Marie (che aveva pure detto che le politiche di rigore di Mario Monti porteranno l'Italia alla rovina) con tinte meno fosche: dal ritrovato dialogo con la comunità ebraica, sigillato anche dopo la strage di Tolosa con la rinuncia ad andare in tv come gesto di solidarietà, fino ai temi di economia. Non ha tralasciato la questione dell'immigrazione. Né tantomeno il discorso sulla sicurezza su cui ha più volte denunciato l'inazione di Sarkò.
L'islam, suo cavallo di battaglia per attrarre l'elettorato impaurito dai nuovi flussi migratori e dal radicalismo islamico, è stato strumentalizzato con astuzia. Le Pen ha infatti giocato una parte del suo discorso-programma sulla carne halal. Restituire alla Francia la sua «autenticità». Ecco allora la guerra ai mattatoi parigini: quattro su quattro produttori di carne macellata senza stordimento rituale e certificata da un imam, venduta ai francesi, così spiegava lei dati alla mano, senza specifica di «islamicità». «Un inganno che deve finire». Sarkozy rincorreva, e ancora ieri, nel quartier generale Ump, i moschettieri del presidente ragionavano sulla necessità di convincere una fetta di elettori del Front National a votare Sarkò, al secondo turno.
Dalla carne alla politica estera, Marine Le Pen ha cucito idee attorno ad un programma per metà ideologico e per metà utopico. Come una madre di famiglia che si riprende le chiavi di casa, della patria. Per decidere chi e come deve entrare nel Paese.
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