Guai al confine Dopo le azioni di gruppi armati

Tel AvivIsraele monitora con attenzione gli eventi in corso in queste ore oltre il confine con il vicino Egitto. Pochi giorni fa, un gruppo di miliziani ha ucciso 16 agenti egiziani, prima di infiltrarsi oltre il confine israeliano.
Dalla caduta di Hosni Mubarak nel gennaio 2011, Israele denuncia la crescente instabilità nel Sinai e fa pressioni sul vicino egiziano per aumentare il controllo dell'area frontaliera, diventata una zona franca per contrabbandieri e gruppi armati. Il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha definito l'attacco «una sveglia» per gli egiziani. Ora, gli egiziani «vanno all'azione», ha detto Amos Gilad, alto funzionario della Difesa, alla radio militare.
Mercoledì, gli aerei dell'aviazione hanno bombardato il Sinai per la prima volta dalla guerra del 1973 con Israele. Hanno colpito postazioni di miliziani e secondo i mass media statali avrebbero ucciso 20 terroristi. Il presidente Mohammed Morsi ha licenziato il capo dell'intelligence Murad Muafi, il governatore del Sinai del Nord, Abdel Wahab Mabruk. L'operazione militare contro i miliziani in Sinai va avanti - ieri uomini armati hanno attaccato un'altra stazione di polizia - e le ruspe dell'esercito egiziano sarebbero già al lavoro per bloccare l'entrata dei tunnel sotterranei che collegano l'Egitto con la Striscia di Gaza. Secondo fonti della sicurezza egiziana, ci sarebbe stato infatti coordinamento tra miliziani nel Sinai e altri in arrivo da Gaza. Ieri, l'intelligence egiziana avrebbe chiesto al premier di Hamas, Ismail Haniyeh, l'estradizione di tre membri delle brigate Ezzedine Al Qassam, braccio armato del gruppo, che secondo il Cairo sarebbero coinvolti nell'attacco. Lo riporta il giornale palestinese Al Quds. È una situazione delicata per il raìs Morsi, alla sua prima crisi da presidente. Hamas, infatti, è nato da una costola della sua Fratellanza islamica. Come i Fratelli musulmani, il gruppo palestinese ha accusato il Mossad israeliano di essere dietro l'attacco. Funzionari israeliani hanno definito assurde le accuse.
La violenza sul confine apre quesiti sulle future relazioni in materia di sicurezza tra il nuovo Egitto e Israele - i due Paesi hanno siglato una pace fredda nel 1978. «Sembra strano», ha scritto il quotidiano Haaretz, eppure forse il coordinamento tra i due vicini non è mai stato efficace come in queste ore, mentre l'Egitto è guidato da un presidente della Fratellanza musulmana. Gli esperti militari del quotidiano citano fonti della sicurezza di entrambi i Paesi. Pochi giorni fa, un portavoce dell'esercito israeliano aveva detto al Giornale che la collaborazione tra i due eserciti «in generale è buona». Per il tenente colonnello Ron Tira, analista militare ed ex pilota da combattimento dell'aviazione israeliana, è troppo presto per definire la qualità delle relazioni di Israele con il nuovo Egitto: «L'Egitto si sta reinventando, non sa ancora chi sarà da grande. Certo, c'è un obiettivo strategico comune». Occorre anche ricordare, spiega Tira, che oggi l'esercito egiziano non è ancora subordinato al presidente e che i militari lavorano con Israele da tempo.


Il presidente Morsi intanto è sotto pressione: c'è chi in Egitto chiede modifiche del Trattato di Pace con Israele, che prevede la presenza di un limitato numero di forze di sicurezza egiziane in Sinai. L'ex candidato alla presidenza Amr Moussa dice che Morsi deve prepararsi con urgenza a chiedere un emendamento del Trattato per poter imporre maggiore sicurezza in Sinai.
Twitter: @rollascolari

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