Forse quel documento è solo un falso. Forse quei soldi non sono mai arrivati a Sarkò. Forse è veramente, come ripetono i portavoce del presidente, una montatura organizzata dagli amici di Francois Hollande. Eppure quello scoop brucia. E solleva molti interrogativi. I più inquietanti riguardano la morte del Colonnello, la cattura di suo figlio Saif Al Islam e la prigionia in Mauritania dell’ex capo dei servizi segreti Abdallah Senoussi. Altri meno tragici, ma non meno curiosi, riguardano gli accordi che permettono all’ex ministro degli Esteri Moussa Koussa di vivere libero in Qatar e al grande cassiere di regime Bachir Saleh di soggiornare in Francia.
Incominciamo dal documento pubblicato sabato dal sito francese Mediapart. Quel documento, scritto in arabo e datato 10 dicembre 2006, proverebbe il via libero del regime di Gheddafi all’esborso di 50 milioni di euro destinati a finanziare la campagna elettorale che nel 2007 garantisce l’elezione di Nicolas Sarkozy. Brice Hortefeux, l’ex ministro degli interni, presunto firmatario del documento nega di aver mai siglato qualcosa del genere. I destini e la sorte degli esponenti libici che l’hanno autorizzato restano però inquietanti. Ad incominciare dalla morte del Colonnello finito in mano ai suoi assassini grazie al raid dei cacciabombardieri francesi che il 20 ottobre scorso bloccano il suo convoglio in fuga da Sirte. Senza il tempestivo intervento francese il Colonnello poteva venir catturato vivo e raccontare molti particolari interessanti sul presunto finanziamento. Suo figlio Saif Al Islam, il primo a menzionare i presunti contributi alla campagna presidenziale di Sarkozy nel marzo 2011, si ritrova anche lui nel mirino della Nato. Prima di stringere un’intesa con i guerriglieri di Zintan e consegnarsi nelle loro mani il rampollo di Muhammar resta anche lui ferito nel corso di un raid condotto da aerei francesi. Abdullah Senoussi, il capo dei servizi segreti la cui firma compare nel documento pubblicato da Mediapart se la vede anche lui assai brutta.
Le sue traversie iniziano il 19 agosto 2011 quando i cacciabombardieri francesi bersagliano la sua residenza nel quartiere di Gharghour a Tripoli. Oggi il suo destino resta misterioso. Catturato a metà marzo in Mauritania, un paese assai vicino a Parigi, non è mai stato consegnato né al «Consiglio di transizione nazionale» che ne reclama l’estradizione, né alla Corte Criminale Internazionale dell’Aja.
Le vicende dell’ex ministro degli esteri Moussa Koussa, firmatario del documento pubblicato da Mediapart assieme al gran cassiere di regime Bashir Saleh sono altrettanto interessanti. Moussa Koussa è uno dei primi fra gli alti esponenti di regime ad abbandonare Gheddafi per rifugiarsi, il 30 marzo 2011, in Inghilterra. L’elemento più curioso è il silenzio totale osservato dell’ex ministro e spia di regime in questi mesi. E oggi Moussa Koussa si guarda bene dal lasciarsi sfuggire qualsiasi commento sul documento riguardante i presunti finanziamenti a Sarkozi. La sua tranquilla permanenza in Qatar, un paese protagonista della guerra al regime libico al fianco della Francia fa, del resto, pensare a qualche accordo sotterraneo. Capo dei servizi segreti prima di diventare ministro degli esteri Moussa Koussa è il depositario di tutti i segreti del deposto regime, da quelli che portarono alla strage di Lockerbie fino alla successiva riabilitazione di Muhammar Gheddafi e alla ripresa dei rapporti d’affari con i principali governi occidentali, Francia compresa.
Chi si stupisce per la tranquilla permanenza in Qatar di un uomo come Moussa Koussa dovrebbe chiedersi come mai Bashir Saleh, uno dei grandi cassieri di regime, presunto firmatario dell’accordo sui finanziamenti da 50 milioni al presidente Sarkozy, viva oggi sotto protezione sul territorio francese. Libero, ma estremamente silenzioso.
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