L’assedio infinito al killer: «Peccato, volevo uccidere di più»

L’assedio infinito al killer: «Peccato, volevo uccidere di più»

La svolta è arrivata martedì all’alba, al primo piano di un condominio nel quartiere residenziale di Cote Pavee a Tolosa. Mohamed Merah, 24 anni, francese di origine algerine, sapeva di essere il ricercato numero uno di Francia. Per questo non si è fatto cogliere di sorpresa e quando la polizia ha tentato di irrompere nel suo appartamento lui ha sparato ferendo due dei trecento poliziotti del «Raid», le forze speciali che lo tenevano ormai sotto scacco. Lui, il killer dello scooter, l’uomo che ha ammazzato sette persone, tre parà dell’esercito, un rabbino e tre bambini è rimasto sotto assedio per ore. La polizia ha evitato fino all’ultimo di irrompere nell’appartamento per non ucciderlo. L’ordine è arrivato direttamente da Sarkozy: «Lo voglio vivo per portarlo davanti alla giustizia».
Escono i dettagli, la sua strage non era finita. Ha affidato il video della strage ad un amico fidato, in una borsa. «Voleva uccidere ancora, avrebbe colpito oggi stesso (ieri per chi legge). E aveva già individuato le sue vittime: due funzionari di polizia noti a Tolosa e un altro soldato» ha detto il procuratore di Parigi Francois Molinsè. Dice di aver «sempre agito da solo, in missione per Al qaida». Nascosto dietro il ruolo di un carrozziere gentile e ben educato, il giovane era in realtà un jihadista che per anni ha beffato l’intelligence francese. Merah era schedato e seguito da tempo dai servizi dall’antiterrorismo. «Non ha nessun rimpianto, ha detto il procuratore. Solo quello di non aver ucciso di più». Merah e il suo mondo, inquietante, che si sviluppa, cresce sotto agli occhi di investigatori, intelligence che lo avevano interrogato lo scorso novembre. Oggi dice di aver agito sia per «vendicare i bambini palestinesi» vittime della repressione israeliana sia per «punire l’Esercito di Parigi per i suoi interventi all’estero». Ma non solo. Il giovane voleva punire il suo Paese per la legge sul divieto di indossare il velo islamico integrale. Nel 2010 aveva tentato di entrare nella Legione Straniera, ma era stato rifiutato per i troppi precedenti penali. Da piccolo criminale, in cella si era convertito all’islamismo ultra radicale.
Aveva viaggiato Merah, nel 2010 e nel 2011, nelle aree tribali del Pakistan nord-occidentale, a ridosso della frontiera afghana. Sembra che nel 2007 sia stato arrestato a Kandahar e condannato a tre anni di carcere, anche se poi il governatore di Kandahar ha smentito. E la Francia ora si interroga sul perché un soggetto simile sia riuscito, con tale curriculum criminale ad agire indisturbato, a procurarsi esplosivo, armi e uccidere sette persone. La polizia cerca una Renault Clio, dentro la quale si crede vi siano «armi e munizioni». Ieri sono stati arrestati la madre, la fidanzata e il fratello Abdelkader che nel 2007 è stato coinvolto in una rete che inviava combattenti in Iraq. Un lavoro metodico, a ritroso quello degli inquirenti. È stato grazie al computer e ai collegamenti internet del fratello gli inquirenti sono riusciti a risalire all’indirizzo del killer. Avevano scoperto che stava trafficando sul suo scooter, utilizzato nelle azioni omicide, per togliere il «tracker» GPS che serve per localizzarlo. Fra le piste prese in considerazione figurava quella di un appuntamento dato alla prima vittima del killer, in risposta a un annuncio su internet per la vendita di una moto. Vestito in abiti civili, il paracadutista Imad Ibn Ziaten, 30 anni, era stato ucciso con un colpo alla testa l’11 marzo a Tolosa.

Poi, una volta scoperti gli spostamenti del killer su uno scooter, gli inquirenti si sono rivolti a un rivenditore di Yamaha TMax 530 della zona, che ha fornito un’informazione essenziale: «Qualcuno, pochi giorni prima, aveva chiesto come fare per disattivare il segnalatore», quel microchip che consente di geolocalizzare gli spostamenti del veicolo.

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