«It’s economy, stupid». Bill Clinton ci vinse due elezioni con quello slogan, ma Barack Obama non sembra aver ben appreso la lezione e così rischia di perderci quelle del prossimo novembre. L’ultimo sondaggio sulla popolarità del presidente democratico manda un chiaro segnale di allarme: Obama è sceso al 47 per cento, ovvero ai minimi dallo scorso gennaio. La causa sembra inequivocabile, ed è appunto legata ai temi economici. I dati sull’occupazione in maggio hanno infatti smentito le ottimistiche affermazioni presidenziali sul «buono stato di salute dell’economia privata», e la martellante campagna critica degli avversari repubblicani ha fatto il resto.
Altri, implacabili sondaggi sono lì ad accrescere le preoccupazioni di Obama alla ricerca di una conferma alla Casa Bianca che sembra tutt’altro che scontata. Una netta maggioranza dei cosiddetti swing voters, cioè gli elettori indecisi o non schierati, giudica negativamente le ricette economiche del presidente. E questo vale tanto per la classe media quanto per i più agiati: nel complesso la bocciatura è secca, con il 54 per cento contrari e solo il 38 per cento favorevoli.
A parziale consolazione di Obama, i sondaggi mostrano che l’elettorato ancora da convincere non si dimostra troppo entusiasta neanche delle proposte del candidato repubblicano Mitt Romney, che pure è unanimemente giudicato più competente del rivale in fatto di economia: i contrari alle idee di Romney sono il 47 per cento, mentre i favorevoli solo il 35 per cento.
Obama può consolarsi con la sua larga preminenza tra le minoranze etniche americane, a partire ovviamente da quella di pelle nera. Ma anche questa dà segni di erosione, il che non può che preoccupare il primo presidente di colore della storia degli Stati Uniti. Il caso della North Carolina, uno degli Stati la cui conquista è considerata decisiva dagli strateghi delle campagne di queste presidenziali, è emblematico. Qui il candidato bianco e conservatore dei repubblicani è arrivato secondo i sondaggi a ottenere il sostegno del 20 per cento degli afroamericani: era solo l’11 per cento un mese fa, mentre nel 2008 John McCain, candidato repubblicano sconfitto da Obama, aveva ottenuto nella North Carolina il voto di solo cinque elettori neri su cento. Non si tratta di cifre buone per le manie degli statistici: il calo del sostegno degli afroamericani rischia effettivamente di costare a Obama uno Stato di valore strategico, tanto che Romney è indicato al 48 per cento contro il 46 del presidente democratico.
Le preoccupazioni di Barack Obama sarebbero minori se i cittadini di altri Paesi potessero votare per eleggere il presidente degli Stati Uniti. La sua popolarità all’estero rimane infatti complessivamente alta. Certo, in Paesi come Cina e Russia le cose non vanno - prevedibilmente - benissimo: solo il 27 per cento dei cinesi lo rivedrebbe volentieri alla Casa Bianca, e fra i russi anche meno (il 25 per cento). L’Europa rimane invece un bastione obamiano, con un sostegno complessivo dell’80 per cento (peraltro calato rispetto all’86 per cento di tre anni fa), con punte del 90 in Germania e addirittura del 92 per cento in Francia. In Italia Obama piace al 69 per cento, in Gran Bretagna al 73, in Spagna al 71. Ottimi riscontri anche in Brasile (72 per cento di pollici alzati) e in Giappone.
Altro discorso nel mondo musulmano, nonostante gli sforzi profusi da Obama soprattutto all’inizio del suo mandato. In Egitto il 76 per cento degli intervistati non lo vuol vedere rieletto, e in Pakistan la sua popolarità si attesta su un misero 7 per cento.
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