L’imam litiga col nuovo faraone islamico

L’imam litiga col nuovo faraone islamico

Il Cairo Mohammed Morsi è ufficialmente il presidente dell’Egitto. E i militari, almeno formalmente, hanno consegnato ieri il potere che detenevano dall’11 febbraio 2011, giorno della caduta di Hosni Mubarak.
I cannoni hanno sparato a salve, la banda militare ha accolto il presidente al suo ingresso nel cortile dell’università del Cairo. Morsi, dopo aver prestato giuramento davanti ai giudici della Corte Costituzionale - gli stessi che poche settimane fa hanno decretato lo scioglimento del Parlamento davanti al quale avrebbe dovuto tenersi la cerimonia - è arrivato all’ateneo per il discorso d’inaugurazione. Ha parlato ieri di «un nuovo Egitto», di «una seconda Repubblica». Ha promesso più di una volta al Paese di portare avanti gli obiettivi della rivoluzione del 2011. Le promesse del presidente si scontrano però con l’ingombrante presenza di quei generali che con il formale passaggio di consegne hanno per ora fatto soltanto un simbolico passo indietro. Morsi è stato infatti costretto a giurare davanti alla Corte Costituzionale, non al Parlamento a maggioranza islamista eletto a novembre.
Il balletto di trattative e confronti tra militari e presidenza, tra nuovo e antico regime, non è chiuso. E ieri si è tradotto anche in un incidente di protocollo all’università. Nelle prime file dell’aula, oltre ai generali, c’erano ospiti d’onore come l’ex candidato presidente Amr Moussa, i Nobel Ahmed Zweil e Mohammed El Baradei. Secondo il sito Ahram online, Ahmed El Tayeb, grande imam di Al Azhar, la più alta personalità religiosa del Paese, nominato però dall’ex presidente e anche ex membro del Consiglio politico del partito nazional democratico guidato dal figlio di Mubarak, Gamal, avrebbe lasciato l’aula perché gli sarebbe stato riservato un posto nelle file posteriori.
Morsi, in una sorta di sfida ai militari, ha giurato con un giorno di anticipo davanti alla folla di piazza Tahrir, venerdì. All’università, ieri, ha però lodato le forze armate. La dichiarazione costituzionale pubblicata dai generali resta in vigore. Il documento limita lo spazio di manovra politico di Morsi, concentrando le questioni di sicurezza interna ed esterna, e quelle più sensibili di politica estera, nelle mani dei militari. Per ora, come ha spiegato al Giornale Yahyia Hamad, del partito «Giustizia e Libertà», braccio politico dei Fratelli musulmani, la presidenza si focalizzerà soprattutto sull’economia - problemi come la carenza di gas e cherosene, l’insufficienza di pane - in un Paese provato da mesi di arresti sociali.
Sia davanti alla piazza sia davanti alle istituzioni, Morsi ha ripetuto di volere uno Stato civile, moderno e costituzionale. I suoi discorsi sono pieni di riferimenti islamici, ma finora il presidente islamista è rimasto lontano da dichiarazioni sull’implementazione della legge islamica. Nonostante ciò, esiste preoccupazione, soprattutto tra le frange più laiche della popolazione e tra la minoranza cristiana, che i prossimi mesi possano portare all’esacerbarsi di tendenze già molto conservatrici della società egiziana. «Il problema non è Morsi - dice Vivian Magdi Fahmi, una ragazza copta di 24 anni - il presidente non andrà di casa in casa a dire alle donne come vestirsi e agli uomini come comportarsi. Gli individui, resi più coraggiosi dalla nuova situazione politica, la società stessa, già conservatrice, eserciteranno pressioni».


Per Mustafa Khalil, esperto di movimenti islamici, i Fratelli musulmani non passeranno leggi per limitare il turismo o censurare film o pubblicazioni che ritengono contro la religione: «Sono interessati ad altro. Sono un’élite politica, un po’ come i membri del vecchio partito di Mubarak. Come loro, vogliono rimanere al potere il più a lungo possibile».
Twitter: @rollascolari

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