L'attentatore di Parigi estremista di sinistra

Preso l'uomo che sparò a Libération: ha tentato il suicidio. Algerino, 48 anni, nel '94 fornì armi a killer "rossi"

L'attentatore di Parigi estremista di sinistra

«Perché tutto sia consumato, perché io sia meno solo, mi resta da augurarmi che ci siano molti spettatori il giorno della mia esecuzione e che mi accolgano con grida di odio». Sono le ultime parole di Mersault, il protagonista de Lo straniero, celebre romanzo di Albert Camus. Mersault, che su una spiaggia di Algeri spara a un arabo, uccidendolo, senza sapere perché, avrà la testa tagliata in nome del popolo francese. Stavolta, in una realtà non meno romanzesca del romanzo, l'epilogo sarà meno drastico. Ma l'atmosfera -un'atmosfera cupa, angosciosa, straniante- è la stessa del romanzo di Camus. C'è lo stesso rassegnato cinismo, lo stesso vuoto esistenziale, la stessa ostentata indifferenza negli ultimi giorni della sua vita da uomo libero nella vita di Abdelhakim Dekhar, 48 anni, arrestato dalla polizia parigina dopo una gigantesca caccia all'uomo protrattasi per giorni.

«Ho fatto una fesseria», ha confessato con un ghigno sardonico all'amico che lo ha ospitato negli ultimi 15 giorni, raccontandogli delle sue scorribande per la Ville Lumière armato di fucile a pompa. Quanto al perché: silenzio. Le chiacchiere non sono mai state il suo forte, del resto. Nel milieu dell'ultrasinistra francese, in cui aveva militato negli anni Novanta, lo avevano soprannominato «Toumì». Si sapeva che era nato in Mosella da genitori algerini, e poco altro. Un alieno, un uomo misterioso, un «personaggio complesso» come si legge in un vecchio faldone della Brigade Criminèlle emerso da un sotterraneo al numero 36 di Quai des Orfèvres. «Un uomo enigmatico, intelligente, ma difficile da cogliere fino in fondo», racconta la sua ex avvocata. E aggiunge: «Un po' mitomane, anche. Diceva di lavorare per i servizi segreti».

Era lui, Abdelhakim Dekhar, detto «Toumì» il «terzo uomo» della strage che il 4 ottobre 1994 a Parigi fece quattro morti -tre poliziotti e un tassista- uccisi da Audry Maupin -lui pure morto nella sparatoria- il terrorista di estrema sinistra vicino a gruppi anarchici che aveva dato vita a una forsennata, sanguinosa corrida spalleggiato dalla compagna Florence Rey. Audry e Florence: i Bonnie & Clyde dell'ultra gauche francese, 22 anni lui, 19 lei, progettavano una serie di rapine alle banche. Fu Dekhar, quella volta, a fornire loro un fucile a pompa. Un'altra «fesseria» che nel '98, al processo, gli costò 4 anni di carcere. Da allora, «Toumì» era sparito dagli schermi radar della polizia. Riapparso come un fantasma, Dekhar si materializza venerdì scorso nella redazione del canale all news Bfmtv e punta il suo fucile contro un caporedattore, senza sparare. Poi, lunedì, un colpo a bruciapelo contro un ventitreenne assistente fotografo nella redazione di Libération ferendolo gravemente. Quindi esplode alcuni colpi davanti alla sede della banca Société Générale alla Défense e prende in ostaggio un automobilista per farsi riportare a Parigi, tuffandosi nel metrò e sparendo dalla circolazione. «Toumì» l'hanno trovato l'altra sera, dopo la segnalazione dell'amico che lo aveva ospitato, chiuso in auto, in un parcheggio pubblico di Bois-Colombes, nella banlieue nord-ovest di Parigi. «Era in uno stato di semi-incoscienza - ha detto una fonte della polizia. Un tentato suicidio con farmaci, pare».

Così, si direbbe, finisce la carriera di Abdelhakim Dekhar, detto «Toumì», modesto impiegato del crimine e dell'ultrasinistra, sopravvissuto per anni in uno stato di indifferenza, di estraneità a se stesso e al mondo. Finchè un giorno, chissà perché, aveva deciso di far sapere che «Toumì», come certi fantasmi, «era tornato».

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