Ma l'effetto è già svanito e Wall Street si impantana

In Borsa l'euforia per lo scampato pericolo è già svanita come le bollicine di Capodanno. Il giorno dopo il rally che ha festeggiato la fine del «fiscal cliff», a frenare i mercati sono arrivati i dubbi del Fmi e delle agenzie di rating in merito a un accordo che lascia parecchi nodi insoluti. Incerte sul futuro, le piazze europee hanno galleggiato, chiudendo, chi più chi meno, intorno alla parità. Positive Londra (+0,33%) e Milano, che ha guadagnato lo 0,1%, con lo spread ai minimi da agosto 2011: in ribasso invece Francoforte (-0,29%)e Parigi, maglia nera Madrid. Anche Wall Street, dopo un'apertura negativa, ha recuperato nel corso della seduta, per poi ripiegare (-0,12% il Dow Jones alle 21 italiane).
Obama ha vinto ma non convinto, dunque: anzi, rischia di aver solo rimandato la guerra, se democratici e repubblicani non lavoreranno a un'intesa per il Paese. L'accordo raggiunto in extremis al Congresso ha sì evitato il baratro fiscale, ovvero tagli alla spesa e aumenti delle imposte per 600 miliardi di dollari, ma resta un piano d'emergenza. E proprio per questo è insufficiente, secondo il Fondo monetario. «Resta ancora molto da fare - afferma il portavoce Gerry Rice - per riportare le finanze Usa su un percorso sostenibile senza danneggiare la ripresa ancora fragile». Gli fa eco Moody's: l'intesa «non rappresenta un miglioramento significativo nel rapporto debito-Pil nel medio termine». E senza un'ulteriore riduzione del deficit la «tripla A» degli Stati Uniti è a rischio, secondo l'agenzia di rating, che si aspetta ulteriori misure nei prossimi mesi. Fredda anche la reazione di Standard & Poor's: il compromesso raggiunto fa poco per mettere le finanze pubbliche americane su una traiettoria più sostenibile nel medio termine. E anche per la Federal Reserve l'incertezza sulla politica fiscale statunitense pesa sul clima di fiducia delle famiglie e delle imprese americane, tanto più che i verbali dell'ultima riunione mettono in evidenza l'intenzione da parte di molti membri del Fomc, il braccio operativo della banca centrale, di mettere fine entro il 2013 al programma di acquisto di titoli.
La strada è ancora lunga, quindi. C'è da mettere sotto controllo la spesa sanitaria e previdenziale, e prendere decisioni sui tagli di spesa automatici, questione su cui democratici e repubblicani si sono concessi altri due mesi di tempo per un accordo. Ma soprattutto va affrontata la questione del tetto del debito: gli Stati Uniti, ha fatto sapere il Tesoro, hanno ormai raggiunto il massimo prestabilito di 16.400 miliardi di dollari e restano solventi solo grazie a una serie di misure straordinarie adottate dall'amministrazione Obama. Entro la fine di febbraio, il tetto del debito dovrà essere alzato per evitare il default.

Ma i repubblicani chiedono in cambio pesanti tagli alla spesa. E il 27 marzo, in mancanza dell'approvazione da parte del Congresso della finanziaria per l'anno fiscale che scade il 30 settembre, il governo cadrà nella paralisi.

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