Lo scenario temuto si è fatto più consistente nel primo pomeriggio di ieri, quando è arrivata la conferma da parte della Farnesina: Marco Vallisa, l'ignegnere italiano 53enne di cui non si avevano tracce da sabato mattina, è stato sequestrato.
Assieme ai due colleghi Emilio Gafuri, 29 anni, di nazionalità macedone, e Petar Matic, 47 anni, bosniaco.
L'ombra del rapimento era già stata anticipata dal governo libico, in base a dichiarazioni rese da un funzionario all'emittente satellitare al Arabiya. I tre stavano lavorando in un cantiere della Piecentini Costruzioni di Modena nel porto di Zuwara, città sulla costa occidentale della Libia, in Tripolitania, a 150 chilometri dalla capitale e non lontana dal confine con la Tunisia. Un posto considerato relativamente tranquillo rispetto ad altre zone del Paese come la Cirenaica, dove la presenza dei gruppi jihadisti è molto più forte.
Secondo la prima ricostruzione, i tre sono usciti ieri mattina a bordo di un veicolo, ritrovato più tardi proprio a Zuwara, abbandonato e ancora con le chiavi infilate nel quadro del cruscotto. Da quel momento sono spariti nel nulla, di loro nessuna traccia. Il ministero degli esteri italiano ha fatto sapere di aver «attivato tutti i canali» utili a rintracciare Vallisa e i suoi colleghi, come da prassi.
Intanto da Cadeo, il paesino in provincia di Piacenza di cui Vallisa è originario, il parroco don Umberto Ciullo ha chiesto nel corso dell'omelia «una preghiera per Marco affinché sia protetto».
Don Ciullo ha incontrato anche i familiari del 53enne, e ha riferito di averli trovati «naturalmente molto scossi». Vallisa si trovava in Libia da due mesi, ma non è il primo italiano sequestrato nel Paese.
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