Quei quadri sono miei e devono restituirmeli. Così la pensa Cornelius Gurlitt, l'uomo a casa del quale è stato ritrovato il cosiddetto «tesoro di Hitler», mille e quattrocento capolavori dell'arte fra cui alcune opere sconosciute di Matisse, Klee, Chagall e Picasso, per un valore stimato di 1,35 miliardi di dollari. La scoperta è avvenuta un paio di settimane fa nell'appartamento di Monaco di Baviera di Gurlitt e, dopo il grande scalpore e le polemiche, l'ottantenne ha deciso di dire la sua a Der Spiegel (che titola la conversazione, avvenuta a bordo di un treno, «Intervista con un fantasma»): in pratica spiega di essere il legittimo proprietario dei capolavori ritrovati, di non volerli cedere e che lotterà per riaverli con sé. Dice che i «suoi quadri» gli mancano e «devono tornare a casa».
Suo padre - spiega Gurlitt - non era un nazista, bensì un mercante d'arte dai rapporti travagliati col regime. E comprò quelle opere legalmente: quindi lui, il figlio, se le è ritrovate in eredità.
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