Nella frattura tra sostenitori dell'esercito e islamisti si inserisce un terzo gruppo di egiziani. C'è chi, venerdì, mentre centinaia di migliaia di persone invadevano le piazze di tutto l'Egitto, non è sceso in strada oppure lo ha fatto gridando slogan sia contro i generali sia contro i Fratelli musulmani. Il numero è poco importante paragonato alle masse che hanno animato la protesta delle ultime ore. È destinato però a crescere se le violenze dovessero andare avanti e continuassero a emergere notizie di manifestanti uccisi dalle forze di sicurezza.
Sono molti i giovani che hanno partecipato alla rivoluzione del 2011 a ricordare con chiarezza i mesi del potere dei generali, in cui i soldati hanno commesso stragi e civili sono finiti davanti ai tribunali militari. A rendere più acuta questa diffidenza, come hanno notato diversi attivisti su Twitter, c'è il murales a pochi passi da piazza Tahrir con l'immagine di Mina Daniel, copto ucciso dall'esercito nel massacro di Maspero di fine 2001. Oggi, proprio accanto al disegno del giovane, sono parcheggiati i blindati dei militari.
Gruppi centrali nella rivolta di gennaio, come il 6 Aprile, e altri attori della rivolta del 2011, hanno boicottato sia le proteste islamiste sia quelle pro-esercito. «Qualsiasi crimine abbiano commesso i Fratelli musulmani contro il popolo... non diamo al comandante delle Forze armate Al Sisi la nostra autorità. Non andremo in piazza venerdì offrendo un assegno in bianco per commettere massacri», ha dichiarato il partito dei Socialisti rivoluzionari. Anche i salafiti di Nahda non hanno partecipato alle manifestazioni.
Il New York Times ha messo sul suo sito il lavoro di un attivista e videomaker egiziano, conosciuto per le sue opere anti-Mubarak durante la rivoluzione. Ahmed Sherif è a casa, fuma una sigaretta mentre appende il bucato. Sullo schermo compare la scritta: «Resisti». Una voce di donna canta in sottofondo: «Oggi i rivoluzionari fanno parte del partito del divano», un riferimento a come nel 2011 era chiamato chi non era sceso in piazza contro Mubarak. Gigi Ibrahim, tra le attiviste più note, durante gli scontri di venerdì ha scritto su Twitter: «Perché la polizia e l'esercito che tutti ora applaudono non stanno fermando il bagno di sangue ad Alessandria, dove ci sono già tre morti?». Il blogger Alaa Abdelfattah, sempre su Twitter, parla di «crimini di Stato».
C'è chi ha deciso di manifestare, ma lo fa contro islamisti e generali. Un gruppo di giovani rivoluzionari ha aperto una campagna su Facebook che ha ancora poche migliaia di follower: «La Terza piazza». Decine di persone si sono ritrovate non alla moschea di Rabaa Al Adawiya, dove ci sono gli islamisti, e neppure a midan Tahrir, ma a piazza della Sfinge al Cairo.
Né con gli ultrà né coi generali: è la «terza piazza»
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