Dopo le lacrime di papa Francesco sulle foto dei crocifissi di Raqqa, ieri vibrava nell'aria la paura dell'uomo che ha consegnato al mondo le foto-testimonianza dell'orrore siriano. Si chiama Abu Ibrahim Alraquaoui: ne scriviamo il nome coll'ammirazione dovuta agli eroi. I predicatori dell'Isi, l'organizzazione sconfessata per i suoi metodi da Al Qaeda stessa, ha raccontato Alraquaoui, promettono denaro contro informazioni per la sua cattura. Ma Abu Ibrahim promette di combattere i «nuovi Talebani» e ricorda i nomi dei crocifissi, Tamo al Nasser e Muhannad Makhb al Khlaf, studente, che hanno secondo l'Isi, ucciso tre jihadisti. Sette persone sono state uccise per rappresaglia, fra cui due ragazzini di 13 e 14 anni.
Sono cristiani i crocifissi? Le foto raccontano la storia che Alraquaoui testimonia con le sue parole? Non è facile dirlo. Quando i ribelli parlano della crudeltà di Assad, dei suoi hezbollah e degli iraniani, o invece la parte governativa descrive gli orrori perpetrati dalle organizzazioni sunnite, è molto difficile verificare i fatti. Ma comunque le lacrime versate da Papa Francesco corrispondono a un dato di fatto: è in atto una persecuzione di cristiani senza precendenti nel mondo moderno.
L'Osce denuncia 100milioni di cristiani perseguitati, la Commissione Epicospale dell'Ue, Comece, parla di una cifra doppia, 200 milioni. Ogni anno vengono assassinati per la loro fede 105mila cristiani, uno ogni cinque minuti. Secondo il «Pew report», 111 Paesi li perseguitano. I luoghi in testa alla tetra classifica, dopo la Corea del Nord, sono l'Arabia Saudita, l'Afghanistan, l'Iraq, la Somalia, le Maldive, il Mali, l'Iran, lo Yemen l'Eritrea. La Siria è passata dal trentaseiesimo all'undicesimo posto, la Libia dal 27 al 17, la Nigeria dal numero 50 al 24. I cristiani che in Siria erano due milioni ormai sono 400mila, e cercano di andarsene. Questi numeri grondano sangue di civili, e portano il segno dell'eroismo del rifiuto di convertirsi all'Islam.
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