Cairo - Piazza Tahrir è a pochi passi dal tranquillo ufficio di Amr Moussa. Da lì, come nei giorni della rivoluzione del 2011, sono partite enormi manifestazioni che hanno portato alla deposizione del presidente Mohammed Morsi. I suoi sostenitori continuano le proteste mentre un Capo di Stato e un premier nominati da poco lavorano assieme ai generali - senza gli islamisti - alla transizione. «Dobbiamo includere anche i Fratelli musulmani», spiega al Giornale Amr Moussa, ex candidato presidenziale, ex segretario generale della Lega araba e politico di punta del Fronte di salvezza nazionale, coalizione anti-Morsi. Il neo premier Hazem El Beblawi ha detto ieri che la Fratellanza potrebbe avere un ruolo nell'esecutivo in costruzione.
Ci sono voci di disaccordi tra forze politiche ed esercito sulla transizione, cosa succede?
«Non è il momento di litigare. Ci sono priorità e l'attenzione deve focalizzarsi sul futuro».
Teme l'intrusione dell'esercito nella vita politica?
«Il futuro del Paese sarà determinato dalle elezioni. L'esercito rimarrà un esercito, ma questo è un momento di crisi e abbiamo bisogno dei militari per riportare l'Egitto alla normalità. Non mi preoccupa l'esercito, mi preoccupa l'Egitto: lo Stato stava per collassare».
Qualcuno parla di «restaurazione». Torneranno nomi dell'Ancien régime?
«Non ci sarà un ritorno del vecchio regime e del passato. Entrambi sono fuori dai giochi. Dobbiamo però includere tutte le forze politiche, a patto che siano pacifiche».
Anche i Fratelli musulmani?
«Devono essere parte del processo politico».
Intanto però è stato però spiccato un mandato d'arresto per leader della Fratellanza, tra cui la guida, Mohammed Badie.
«Come nell'ex partito di Hosni Mubarak, nella Fratellanza non ci sono soltanto i leader».
Quindi la Fratellanza potrà partecipare alle prossime parlamentari? E se vincesse ancora una volta?
«Le persone sono spaventate dalla recente cattiva esperienza di governo. I Fratelli musulmani non vinceranno».
Non crede che la deposizione del primo leader islamista eletto possa avere ripercussioni oltre l'Egitto?
«Avrà ripercussioni. Quello che è accaduto è un grosso colpo per l'islam politico. I Fratelli musulmani hanno fallito perché si sono rivelati inefficienti nel governare, non perché sono islamisti. Non penso vinceranno elezioni ovunque».
Si presenterà alle presidenziali?
«Non correrò: è il momento delle giovani generazioni. Molti fanno pressioni per una mia ricandidatura, vedremo».
È stato o non è stato un colpo di Stato?
«C'erano milioni di persone: questo è quello che ha innescato il cambiamento. L'esercito non vuole governare».
Quale è stata la sua reazione dopo i morti di lunedì?
«È stato uno choc. La perdita di vite è inaccettabile, l'incitazione alla violenze è male».
Perché i salafiti sono diventati attori così centrali?
«Sono il secondo partito islamista nel Paese. Sono flessibili politicamente e non dogmatici, non sono rigidi come i Fratelli musulmani. In politica possono aggiungere qualcosa».
La piazza è unita nelle manifestazioni, divisa in politica.
«Dobbiamo correre assieme alle elezioni, penso sia possibile: la fragmentazione è dannosa».
Che ne pensa del crescente anti-americanismo della strada egiziana?
«Si indebolirà. Le relazioni con gli Stati Uniti sono molto importanti e rimarranno buone come prima».
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