Nigeria, tecnici impotenti Ora Roma non conta più Bufera diplomatica per Terzi

Italiano ucciso nel blitz inglese. Italia umiliata. I prof sono rispettati: ma la mancanza di legittimità popolare li rende inutili. E Maroni chiede la testa di Terzi

Nigeria, tecnici impotenti Ora Roma non conta più Bufera diplomatica per Terzi

Non contiamo più, è chia­ro. Però adesso bisogna trovare il perché. La mor­te dell’ingegnere Franco Lamoli­nara, l’Inghilterra che ci avverte del blitz o forse no, il governo di Londra che non sente l’esigenza di condividere la scelta politico­strategica- militare di fare fuoco per sette ore in un covo dove era segregato un cittadino italiano. Stop. Basta questo. Non serve ne­anche parlare dei marò, adesso. Non serve molto altro a farci indi­gnare con gli inglesi e però anche a dirci che abbiamo bisogno di ri­sposte. Non contiamo più, quin­di. Possiamo prendercela all’infi­nito col ministro degli Esteri Ter­zi, ma il problema è molto più am­pio: un governo tecnico, senza le­gittimità popolare, senza voti e senza rapporti vecchi con leader e i ministeri degli Esteri degli altri Paesi fa anticamera ovunque, re­sta in coda. Non è una priorità, perché, molto banalmente, non serve. I professori hanno il rispet­to delle diplomazie e delle segre­terie di Stato. Ma non basta. Non può bastare. La politica estera è una continua e volgare trattativa: vuoi aiuto? De­vi ricambiare. Si gioca sui tavoli degli scambi commerciali, dei fa­vori incrociati, delle porte da aprire a chi ti fa un favore. Ecco: ma a chi serve un governo che tra un anno non potrà avere conti­nuità politica? Come ricambia? Monti può avere la stima di Oba­ma, di Cameron, della Merkel e di tutti gli altri, ma non è un inter­­locutore. Per avere peso diplo­matico servono voti, servono al­leanze, serve sedersi a lungo at­torno ai tavoli dei summit. L’Ita­lia ha pagato spesso un deficit di peso specifico sullo scenario in­ternazionale, ma i suoi interessi è sempre riuscita a farli. In un modo o nell’altro.Abbiamo qua­si sempre riportato a casa i nostri sequestrati, fossero giornalisti, cooperanti, lavoratori. L’ha fat­to Prodi, l’ha fatto Berlusconi. Il governo precedente ha vissuto spesso sui rapporti e sul peso per­sonale del premier: il suo essere tycoon, il suo pacchetto di voti, il consenso popolare di cui gode­va, il fatto di essere stato protago­nista di G8, G20, vertici bilaterali ha permesso al Paese di ottene­re. Perché poteva offrire. Do ut des , semplicemente. Banalmen­te. Alcuni leader internazionali avranno anche avuto delle riser­ve personali su Berlusconi, però quando si muoveva lui o il suo go­verno, la macchina si metteva in moto. Anche nella guerra in Li­bia, nella quale molti hanno rac­c­ontato il ruolo secondario di Ro­ma, nessuno, in Europa e nella Nato,s’è sognato di non avvertir­ci. Abbiamo provato a giocare la partita diplomatica resistendo il più possibile all’idea dell’attac­co spinta da Francia e Gran Breta­gna. Hanno vinto loro, ma noi c’eravamo. Non c’entra il giudi­zio sulla guerra, adesso. Si parla del ruolo del nostro Paese: lì, in quel momento,l’Italiaesisteva.I caccia Nato partivano dalle no­stre basi, a noi era affidata una parte delle operazioni. La politi­ca estera è così. Rapporti, interes­si, amicizie, rotture, riappacifica­zioni. Serve contare, però. Puoi discutere sul quanto, sul come, sul perché. Non sul fatto di esse­re attori. È solo così che abbiamo riportato a casa le due Simone, Daniele Mastrogiacomo, Giulia­na Sgrena, Guido Torsello. Af­ghanistan e Irak erano scenari anche più complicati di quello nigeriano o di quello indiano. Eb­bene, in quei momenti e in quel­le situazioni alzavamo il telefo­no e venivamo ascoltati. C’era da mettere qualcosa sul piatto, certo. La si metteva. Nel silenzio della diplomazia e dei servizi di sicurezza. Adesso non è più così. In questo momento l’Italia non serve: ci invitano alla Casa Bian­ca o a Downing Street, ci dicono che siamo brave persone, rispet­tabili, sobri e seri. Poi non ci av­vertono o ci avvertono male se fanno un blitz con cento uomini dove un nostro cittadino rischia la vita. È cambiato molto. Colpa di altri e colpa nostra, che in più abbiamo concesso di smantella­re i servizi di sicurezza, quelli che ci hanno permesso di ottene­re la liberazione dei nostri rapiti in zone di guerra e che contem­poraneamente hanno evitato che le città italiane fossero vitti­me di qualche attentato islami­sta. C’era un team che lavorava sul confine tra legalità e illegali­tà, cioè nell’unico modo in cui può lavorare un servizio segreto. Rispondeva ai governi, punto. C’era qualche problema? Si usa­va il segreto di Stato. Il giustiziali­smo, i processi ai vertici dei servi­zi hanno ottenuto lo smantella­mento di quella rete, discutibile quanto volete, ma efficace. E in politica estera o in sicurezza na­zionale l’efficacia è tutto. È mol­to più della forma.

Molto più del rispetto. 

 

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