Nuovo schiaffo all’Italia Il giudice blocca in India gli altri quattro marò

Nuovo schiaffo all’Italia Il giudice blocca in India gli altri quattro marò

I giudici indiani continuano a trattenere in «ostaggio» la petroliera Enrica Lexie con quattro marò a bordo e 24 membri d’equipaggio compresi cinque ufficiali italiani. E ieri l’Alta corte del Kerala ha ulteriormente rinviato l’udienza sulla giurisdizione nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i fucilieri di marina in galera. I marò potrebbero tornare in patria se venisse riconosciuta la giurisdizione italiana sul caso dei due pescatori uccisi il 15 febbraio. Una mezza Caporetto, che ci si attendeva, dopo il rientro in Italia di Staffan De Mistura. Il sottosegretario agli Esteri incontrerà sabato i familiari dei marò imprigionati portando lettere di Latorre e Girone. Secondo fonti del Giornale nella Marina ci si attende che le famiglie siano invitate lunedì alla cerimonia del ritorno dall’Afghanistan del San Marco, reggimento dei loro cari. Sarebbe un segnale forte e a Brindisi ad accogliere il reparto ci sarà il capo di stato maggiore, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli. L’ufficio stampa della Marina: «a oggi non possiamo confermare la loro presenza».
L’Alta corte del Kerala ha rinviato proprio a lunedì, il 19 marzo, la decisione sulla giurisdizione. Durante l’udienza di ieri la pubblica accusa ha difeso il diritto indiano di processare i marò. Quello che l’accusa non dice è che la petroliera è stata intercettata da un elicottero a 29 miglia, ben al di fuori della acque contigue, dove non è possibile fermare navi con bandiera straniera. E i giudici del Kerala, lo Stato dove sono detenuti i marò, hanno anche detto no alla «liberazione» dell’Enrica Lexie ferma a Kochi da un mese. A bordo ci sono nove italiani, compresi i quattro fucilieri «superstiti» del Nucleo di protezione, e 19 indiani d’equipaggio. La corte ha rinviato l’udienza al 20 marzo. Secondo l’accusa la nave deve rimanere all’ancora fino all’arrivo dei risultati della perizia balistica, fra una decina di giorni. Non solo: la sorella di una delle vittime, Ajash Pink, ha presentato una petizione puntando il dito sul capitano della petroliera, Umberto Vitelli. Dalla società armatrice, la Fratelli D’Amato di Napoli, si fa sapere che «manca solo la luce verde della polizia per salpare. Non temiamo, per ora, l’arresto del comandante». L’armatore ha già versato una cauzione di 650mila dollari per le presunte vittime dei fucilieri e il proprietario del peschereccio colpito.
Tutti vogliono far passare le cruciali elezioni suppletive del 17 marzo, per un seggio a due passi da Kochi. Se vincesse il candidato dell’opposizione, il governo dello stato che si basa su una risicata maggioranza subirebbe uno scossone. Il furbo governatore locale, Oommen Chandy, del partito del Congresso, lo stesso dell’«italiana» Sonia Gandhi, al potere a Delhi, è già corso ai ripari conquistando un altro parlamentare per la sua maggioranza.
Ma fra pochi mesi si voterà per l’intero parlamento del Kerala. Per questo bisogna fare in fretta. Solo per un appello alla corte suprema di Delhi, se non fosse accettata la giurisdizione italiana, ci vogliono sei mesi. La perizia balistica è pure lenta e non si esclude che i proiettili estratti dai corpi dei pescatori uccisi siano di calibro 5,56. Lo stesso delle armi dei marò, ma pure delle unità dello Sri Lanka che spesso ammazzano o arrestano i pescatori indiani e delle stesse forze di sicurezza di Delhi. I periti hanno concluso le prove a fuoco con i fucili mitragliatori dei marò. Adesso bisognerà stabilire se le rigature, ovvero la firma dell’arma, dei proiettili assassini sono le stesse degli Ar 70/90 dei fucilieri.
Nel frattempo Kochi si mobilita per accogliere 10mila turisti che arrivano ogni anno con le navi di crociera.

Ironia della sorte, mercoledì ha attraccato la Costa Delizia. Un altro hotel galleggiante italiano, l’Aida Diva, ripartirà martedì prossimo. Chissà se fra i 2.200 passeggeri qualcuno si chiederà come stanno i marò nelle galere indiane.
www.faustobiloslavo.eu

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