Obama "troppo occupato" per Egitto e Israele: è in campagna elettorale

Morsi e Netanyahu non ottengono udienza. Danno per gli Usa e per tutto l’Occidente

Obama "troppo occupato" per Egitto e Israele: è in campagna elettorale

I leader mondiali arrivano in queste ore a New York, per parteci­pare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Per alcuni di loro il viaggio negli Stati Uniti è un’occa­sione per un incontro a lato dei lavo­ri con il presidente americano Ba­rack Obama. Eppure, questa volta un Obama alle prese con un’inten­sa campagna elettorale non ha­tro­vato il tempo per sedersi con i gran­dialleatimediorientali: ilpresiden­te egiziano e il premier israeliano.
La stampa americana scrive che la Casa Bianca avrebbe accolto con
freddezza una richiesta d'incontro da parte dell’ufficio di Mohammed Morsi. Per un consigliere del leader egiziano, le cui parole sono state ri­prese da un giornale locale, anche Morsi in questi giorni sarebbe «mol­to occupato». Difficile non vedere però nella freddezza di Washin­gton­enellapocainsistenzadelCai­ro un cambiamento delle relazioni fra Stati Uniti e nuovo Egitto. I rap­porti tra l’Amministrazione Oba­ma e quella di Morsi erano diversi da quelli oliati e forti tra Washin­gton e il regime di Hosni Mubarak anche prima dello scorso 11 settem­bre. Quel giorno, una folla al Cairo ha preso d’assalto l’ambasciata americana, in reazione a un video amatoriale prodotto in California, ritenuto offensivo nei confronti del profeta Maometto. Obama non ha apprezzato la tardiva reazione di Morsi, con cui avrebbe avuto una fredda conversazione telefonica. Il presidente egiziano ci ha messo 36 ore prima di condannare pubblica­mente, e in maniera ambigua, l’at­tacco. Lo ha fatto soltanto dopo le pesanti parole di Obama che, in un’intervista a una tv spagnola, ha definito il Cairo «non un alleato ma neppure un nemico».

La prova che i rapporti di Washin­gton con l’Egitto - principale allea­to arabo nell’era Mubarak - siano in fase di crisi sta anche nel congela­mento di quei negoziati che pochi giorni fa avrebbero do­vuto portare l’America a estinguere un miliardo del de­bito egiziano.
Dall’altra par­te, Morsi non è più conciliante. In un’intervista pubblicata ieri dal New York Ti­mes , pur lodan­do il collega per il suo appoggio alle rivolte ara­be, il presiden­te suggerisce che il suo Egitto sarà piùindipendentedagliStatiUnitiri­spetto a quello del predecessore Mubarak. Per il leader egiziano ­che come ricorda il quotidiano americano in casa deve dimostrare la propria indipendenza e all’este­roassi­curarechel’EgittodeiFratel­li musulmani resta un alleato affida­bile
- l’America deve cambiare il proprio approccio nel mondo ara­bo.
Se Morsi dovrà aspettare ancora prima di sedersi alla Casa Bianca, per Benjamin Netanyahu questa è la seconda volta dal 2009 che in un viaggio negli Stati Uniti non incon­tra il presidente. Nel 2010, Obama era all’estero.La stampa israeliana lo ha subito notato e ha scritto che l’ufficio del leader americano avrebbe snobbato una richiesta d’incontro del premier. La Casa Bianca ha negato il rifiuto e ha parla­to di «incompatibilità nei program­mi »: Obama parlerà all’Onu il 25 settembre, Netanyahu arriva a New York il 27, ma per la stampa il premier sarebbe anche andato a Washington. Una lunga telefonata di Obama a Gerusalemme ha poi ri­solto il caso.

Non è un segreto che tra i due lea­der non ci sia simpatia. Il non incon­tro arriva in un momento in cui le differenze sul dossier nucleare ira­niano sono in aumento. Netan­yahu chiede agli Stati Uniti una li­nea più dura. In risposta, il segreta­rio di Stato Hillary Clinton ha detto qualche giorno fa che non ci sono scadenze per i negoziati con Tehe­ran.

Per la Reuters, Obama rischia così di perdere voti della comunità ebraica, in un momento in cui lo sfi­dante Mitt Romney- legato a Netan­yahu da un’amicizia nata negli an­ni Settanta quando erano colleghi a Boston - accusa il presidente di non sostenere abbastanza Israele.

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