Il parco della Guerra fredda diventa un quartiere chic

Il leggendario Gorky Park di Mosca si trasforma grazie ai soldi di Abramovich e alla galleria d’arte della sua compagna

Il parco della Guerra fredda  diventa un quartiere chic

«Perché al Gorky Park? C’erano parchi più grandi, a Mosca, dove seminare cadaveri: Izmailovo, Dzerzhinsky, Sokolniki. Il Gorky era lungo solo un paio di chilometri, e largo sì e no uno. Però era il preferito, il primo parco della Rivoluzione... Era un posto dove venivano tutti: impiegati a fare colazione, nonne coi nipotini, coppiette. C’era una grande ruota panoramica, c’erano fontane, teatrini, vialetti solitari e bersò, da ogni parte. D’inverno c’erano quattro piste di pattinaggio». (Gorky Park, di Martin Cruz Smith, Mondadori editore). L’investigatore Arkady Renko, il maggiore Pribluda, del KGB, e quei tre morti ammazzati in un intrigo che ruotava intorno a un traffico internazionale di ermellini, in piena Guerra Fredda...

Ci sono luoghi, nel mondo, che hanno una forza evocativa, una capacità di suggestione, un potenziale romanticamente letterario che altri luoghi, magari più belli, non hanno. Il Parco Gorky, nella zona di Krymsky Val, lungo la Moscova, con i suoi vialetti che d’inverno gelano, diventando magnifiche piste di pattinaggio, si era guadagnato un posto speciale nel cuore dei moscoviti già negli anni Trenta, poco tempo dopo la sua inaugurazione, che è del 1928. Ma certo, il romanzo di Martin Cruz Smith, e il film che ne venne tratto, con William Hurt e Lee Marvin, ne consacrarono il nome e la storia anche al di fuori dei confini russi.

Sicché non stupisce che negli ultimi anni, in quello che è diventato uno dei quartieri più alla moda di Mosca, intorno al Gorky si fosse scatenata una bella gara a chi tirava fuori l’idea più seducente per fare del parco il cuore pulsante della Mosca del nuovo millennio. È già una delle vetrine (ancorché un po’ appannata) della capitale, il Gorky; uno dei luoghi che attirano torme di turisti, incuriositi dalla fama del parco di divertimenti ma indubitabilmente anche dal ricordo di quei tre cadaveri, nel romanzo di Cruz Smith, che avevano il volto sfigurato e i polpastrelli abrasi (sicché toccò concentrarsi sulle dentature per scoprire che uno di essi era americano...).

Ancor più famoso il Gorky diventerà ora che Dasha Zhukova, compagna del miliardario Roman Abramovich (il padrone del Chelsea) ci farà il suo avveniristico Centro d’arte contemporanea. Già, perché è stata proprio lei, la Zhukhova, grazie ai convincenti mezzi di Abramovich e alla sua sesquipedale ricchezza, a vincere la gara per il restyling del Parco e a guadagnarsi il diritto a trasferirvi (cosa in parte già avvenuta) il suo celebre «Garage», un centro d’arte che già attira esperti e appassionati da tutto il mondo.
Ecco dunque il Gorky Park avviarsi a cambiare pelle: da simbolo della Guerra Fredda; da stereotipo della Cortina di Ferro a cuore di quella Mosca consumista e glamourous che abbandonata per sempre la tetraggine comunista punta a diventare una delle capitali più trendy del pianeta.

A firmare il progetto per il nuovo Garage in quella che era stata la rimessa degli autobus di Bakhmetevsky, è l’architetto-star olandese Rem Koolhaas. Ma il merito dell’iniziativa non è solo del magnate e del bravo architetto. Al restyling dell’area hanno posto mano anche il sindaco di Mosca, Sergei Sobyanin e il Soprintendente alla Cultura, Sergey Kapkov, due persone di talento che godono della stima della cittadinanza. I primi lavori riguarderanno il Vremena Goda (Stagioni dell’anno), un padiglione prefabbricato in calcestruzzo che era rimasto abbandonato per più di due decenni. Dicono che il nuovo design, dove il consumismo made in Occidente si stempera in certi stilemi tipici della cultura sovietica (ma vale anche il contrario) conserva molti elementi architettonici che faranno «nostalghia» e realismo socialista. La superficie espositiva sarà di oltre 5 mila metri quadrati, con spazi su due livelli, un centro per bambini, negozi, bar, auditorium e uffici.

Chi ha visto il progetto giura che tutta l’area del parco, ora in una sorta di malinconico abbandono, ne beneficerà. Ma i primi cambiamenti si sono già visti l’inverno scorso. Con la connessione Wi Fi in tutto il parco, panchine che somigliano a fagioli, alberi-installazioni, l’esclusivo ristorante Olive Beach.

Dopo di che, forse, bisognerà cambiare qualcosa, nella vecchia denominazione del parco, che era inizialmente destinato al divertimento e allo svago del «popolo», e rassegnarsi all’idea che forse diventerà una roba per vip.

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