"Pronte sanzioni più dure per Mosca"

Videoconferenza di Obama con i leader europei: tutti d'accordo, Putin boicotta l'intesa di Ginevra

"Pronte sanzioni più dure per Mosca"

È durata poche ore la sospensione delle operazioni militari lanciate dalle autorità di Kiev per riprendere il controllo delle posizioni conquistate dai miliziani filorussi e dai loro più o meno occulti spalleggiatori giunti da oltrefrontiera. La cittadina di Slaviansk, principale roccaforte dei separatisti, è stata circondata da truppe ucraine «per impedire l'afflusso di rinforzi». I gruppi armati che controllano Slaviansk hanno reagito sequestrando 13 membri della missione dell'Osce (tra cui 4 tedeschi) e assicurano di voler combattere «fino all'ultima goccia di sangue».

Più probabilmente, contano di resistere fino allo sperato arrivo delle truppe russe che sono segnalate a un solo chilometro dal confine. Se davvero lo varcassero, le forze inviate da Kiev potrebbero fare ben poco per resistere, ma le conseguenze sugli equilibri internazionali sarebbero drammatiche. Ne hanno parlato ieri in videoconferenza il presidente americano Barack Obama e i leader dei quattro principali Paesi europei, la tedesca Angela Merkel, il britannico David Cameron, il francese François Hollande e Matteo Renzi per l'Italia. Al termine della discussione è stato diffuso un appello al presidente russo Vladimir Putin perché «scelga una soluzione pacifica della crisi in Ucraina, compresa l'attuazione dell'intesa di Ginevra». Ma soprattutto Obama ha annunciato «il completo accordo tra l'Unione Europea e il G7 (che include Stati Uniti, Canada e Giappone, n.d.r.) per l'imposizione di nuove sanzioni mirate contro la Russia».

Il giudizio dei leader occidentali è che Kiev abbia dato seguito all'intesa di Ginevra dello scorso 17 aprile, mentre Mosca ne avrebbe fatto carta straccia: non solo non richiamando i gruppi armati a deporre le armi e ad abbandonare gli edifici pubblici occupati a Donetsk, Luhansk e in altre città, ma anche fomentando «un'escalation della situazione attraverso una retorica preoccupante ed esercitazioni militari che minacciano i confini dell'Ucraina». Ben diverso il punto di vista di Mosca, espresso dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov: l'Occidente «punta a prendere il controllo dell'Ucraina per le proprie ambizioni politiche». Le milizie filorusse nell'Est del Paese, dunque, «saranno pronte» a deporre le armi e a lasciare i palazzi «solo se le autorità di Kiev si occuperanno di attuare gli accordi, sgombrare il vergognoso Maidan e liberare i palazzi che sono stati illegalmente conquistati».

Per discutere della preoccupante situazione in Ucraina sarà convocata una riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue tra martedì e venerdì prossimi. In discussione ci saranno inevitabilmente non solo le conseguenze geopolitiche del confronto con una Russia sempre più avversaria e sempre meno partner, ma anche quelle economiche. In diversi Paesi europei ci si rende conto che l'aver reso le proprie economie strettamente interconnesse con quella russa (anche sotto il delicato profilo delle forniture energetiche) espone a gravi rischi.

Quando i posti di lavoro scompaiono e le Borse affondano (ieri - 1,73% a Milano, con dati negativi in tutta Europa) ci si ricorda meno volentieri che prima delle convenienze economiche dovrebbe venire la coerente difesa di quei principi che ci consentono di definirci Paesi democratici. Non sono fisime astratte come tanti pensano: se la priorità assoluta diventa l'interesse a commerciare con chi usa le armi contro i propri vicini c'è il rischio che un giorno quelle stesse armi finiscano con l'essere usate contro di noi.

Di questo certamente parlerà oggi a Roma, dove sarà ricevuto da Renzi e da Papa Francesco, il premier ucraino Arseny Yatsenyuk, che accusa Putin di esser «pronto a scatenare una terza guerra mondiale».

Questi europei dell'Est sono un po' le nostre cattive coscienze: avendole sperimentate in casa propria, ci ricordano certe abitudini dei russi che preferiamo dimenticare. Ieri l'ha fatto anche il premier polacco Donald Tusk, ammonendo l'Europa a «prepararsi al peggio», che potrebbe includere un'ondata di profughi dall'Ucraina (eventualmente) invasa.

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