Lo spettro di nuove elezioni incombe sempre più minaccioso sulla Grecia dopo la drammatica giornata di ieri.Un’ombra accompagnata da un rischio che fino a pochi mesi fa sembrava una lontana avvisaglia, mentre ora appare come il male minore: l’abbandono dell’euro. Atene si dibatte in una morsa dalla quale è incapace di uscire:da una parte l’inflessibilità dell’Europa che impone uno spietato rigore finanziario in cambio del prestito da 240 miliardi di euro;dall’altro l’insofferenza della popolazione che otto giorni fa si è tradotta nella sostanziale ingovernabilità uscita dalle urne. Il Parlamento è frazionato in sette partiti, compresa una formazione neonazista, e per avere una maggioranza di 151 seggi su 300 occorre mettere assieme almeno tre gruppi politici.
Ieri era un giorno-chiave per tentare di formare una coalizione di governo che sostenga il Memorandum Ue: un accordo temporaneo, della durata di due anni, che si faccia carico del piano di austerità preteso dall’Unione europea. Il presidente greco Karolos Papoulias ha convocato in mattinata i tre leader dei maggiori partiti, che poi sono gli stessi ai quali nei giorni scorsi aveva affidato il compito di formare il nuovo governo. Prima Antonis Samaras, leader dei conservatori di Nea Dimokratia (18,8 per cento, 108 seggi); poi Alexis Tsipras, numero uno della sinistra radicale antieuropea Syriza; infine Evangelos Venizelos, erede di George Papandreou alla guida dei socialisti del Pasok.
In realtà, Venizelos si era molto avvicinato a un patto tra conservatori, socialisti e Dimar (sinistra democratica), il partito più piccolo del Parlamento: 6,1 per cento con 19 seggi. Ma il leader del Dimar, Fotis Kouvelis, ha rifiutato di andare al governo senza Tsipras. E proprio tra questi due personaggi è scoppiata la grottesca lite di ieri, con Tsipras che ha accusato Kouvelis di aver ceduto alle euro- pressioni, e quest’ultimo che ha respinto le «bugie diffamatorie» al mittente, il quale avrebbe «superato ogni limite di decenza politica ».
In poche ore il possibile accordo per una coalizione di emergenza si è trasformato in uno psicodramma tutto interno alla sinistra greca, che evidentemente sente più forte l’aria di nuove elezioni entro un mese e si è lanciata nella corsa ai voti anti-europei. Ma questo batti e ribatti, il drammatico concatenarsi dell’annuncio della coalizione e della clamorosa smentita con seguito di pesanti polemiche, ha aggravato la crisi di Atene.
L’immagine di un Paese sprofondato nel caos è stata confermata dalla successiva decisione di Papoulis di un ultimo, disperato giro di consultazioni con tutti i partiti, compresi quelli finora esclusi da ipotesi di governo. Ed ecco salire al palazzo presidenziale, uno dopo l’altro, a distanza di pochi minuti, i leader dei Greci indipendenti Panos Kammenos (10,6 per cento, 33 seggi), dei comunisti del Kke Aleka Papariga (8,5 e 26 seggi), addirittura il filonazista Nikos Michaloikos (7 per cento, 21 seggi) e Kouvelis.
Estrema sinistra ed estrema destra hanno confermato l’indisponibilità a sostenere la coalizione pro-Memorandum.Ma l’ottantaduenne Papoulis non dispera di aggregare conservatori, Pasok, Greci indipendenti e la sinistra democratica del Dimar in un esecutivo di unità nazionale. Oggi altre consultazioni. Un disperato tentativo per evitare nuove elezioni a metà giugno e l’uscita dall’euro, un terremoto di cui oggi nessuno può immaginare le conseguenze. La battaglia dei sondaggi è già aperta.
Alcune rilevazioni attribuiscono alla sinistra radicale di Syriza più del 25 per cento dei voti mentre, secondo il settimanale To Vima , l’80 per cento dei greci sarebbe favorevole alla permanenza nell’Eurozona e il 72 per cento contrario a tornare a votare dopo appena 40 giorni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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