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Ragazza nera bruciata, incubo Ku Klux Klan

L'incubo del razzismo torna nel sud degli Stati Uniti, dove una ragazza nera di vent'anni è finita all'ospedale con metà del corpo bruciato in seguito a un'aggressione che sembra motivata da odio razziale. Sharmeka Moffitt, di Winnsboro nello stato della Louisiana, ha raccontato ai suoi soccorritori di essere stata attaccata mentre passeggiava in un parco pubblico da tre persone che indossavano cappucci bianchi, che le hanno versato addosso un'abbondante quantità di un liquido infiammabile e le hanno dato fuoco.
I tre hanno lasciato sul tetto dell'auto della giovane, usando uno spray, un insulto razzista e la firma sinistra del Ku Klux Klan - una tripla K maiuscola -, una società segreta che fa dell'odio razziale verso i neri d'America la sua ragione d'esistere.
In un primo momento era stata fatta circolare da un reporter locale la voce che la ragazza indossasse al momento dell'aggressione una maglietta inneggiante alla rielezione di Barack Obama alla Casa Bianca, ma la circostanza è stata smentita dallo sceriffo di Winnsboro e dalla stessa madre della vittima. Sharmeka Moffitt è in gravi condizioni all'ospedale di Shreveport in Louisiana, con gravi ustioni al petto, alle braccia e alle gambe: è stata lei stessa a spegnere come ha potuto le fiamme che la avvolgevano trascinandosi fino a una fontanella del parco in cui si trovava, ed è stata lei stessa a chiamare i soccorsi usando un telefono cellulare.
Sono state avviate diverse indagini sull'accaduto, e anche l'Fbi è al lavoro per risolvere il caso. Mancano finora immagini (nel parco di Winnsboro non esistono telecamere) e testimonianze sull'aggressione oltre a quella diretta della vittima. Dai primi pattugliamenti nell'area del Civitan Park non è emerso nulla di sospetto mentre Otis Chrisley, presidente della ong Naacp (che si occupa dei problemi sociali della minoranza afroamericana), in contatto costante con i familiari di Sharmeka, ha invitato alla cautela nell'analisi di quanto accaduto, pur ricordando che il razzismo contro i neri rimane purtroppo diffuso in stati come la Louisiana «anche se è tenuto nascosto». Anche la polizia invita alla prudenza: «È una cosa orribile», ha sottolineato lo sceriffo Kevin Cobb, «cerchiamo di essere uniti, di stare attenti ai fatti e alle prove e vedrete che la giustizia avrà la meglio».
Fondato nel 1865 (l'anno della fine della Guerra di secessione e della conseguente abolizione della schiavitù in America) nel Tennessee, il Ku Klux Klan esprime da quasi centocinquant'anni i sentimenti del più brutale razzismo verso i neri americani. I veterani dell'esercito confederato sconfitto portarono nell'associazione segreta il loro odio e un simbolismo sinistro, fatto di croci incendiate nella notte per intimidire e lugubri tuniche con cappucci bianchi a punta indossati dagli adepti. A metà degli anni Settanta dell'Ottocento il governo fu costretto a intervenire con la forza per bloccare violenze e linciaggi, riuscendo quasi a stroncare il Klan. Questo però conobbe una rinascita circa mezzo secolo dopo, in un periodo di profonda crisi economica, e cercò di mettere nel mirino oltre ai neri anche ebrei e «sovversivi di sinistra». Se in questo periodo i suoi affiliati superarono secondo alcuni studi il milione, oggi il KKK sembra ridotto a un fenomeno marginale. È però difficile quantificare il numero dei suoi aderenti, che potrebbero essere poche migliaia o molti di più, a seconda che si considerino i veri e propri attivisti o anche i semplici simpatizzanti.

Di sicuro però, nel profondo sud degli Stati Uniti, il razzismo non è mai morto.

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