Riciclaggio di denaro per l'Iran: Deutsche Bank sotto inchiesta

L’accusa: aggirate leggi americane e sanzioni che impediscono a Teheran l’acquisizione di tecnologie in campo nucleare e missilistico

Riciclaggio di denaro per l'Iran: Deutsche Bank sotto inchiesta

La Germania, grande maestrina d'Europa, ha dei gran brutti scheletri nascosti in un armadio americano. A tirarli fuori ci stan pensando il Tesoro statunitense, la Federal Reserve, il ministero della Giustizia e la procura di New York. Le quattro istituzioni Usa sono i mandanti, secondo il New York Times, dell'inchiesta sui flussi di denaro sporco transitati, attraverso le sedi americane della Deutsche Bank e di altre tre banche europee. Sfruttando una falla nel sistema di controlli individuata solo nel 2008, la Deutsche Bank e altri tre istituti europei avrebbero trasferito miliardi di dollari verso Iran, Siria, Sudan, Cuba e Corea del Nord, ovvero verso piazze proibite al circuito bancario americano.

Un'operazione di riciclaggio dietro a cui si celerebbero violazioni alle sanzioni decretate dall'Onu per impedire a Teheran l'acquisizione di tecnologie nucleari e missilistiche.
Il coinvolgimento è smentito solo parzialmente dalla precisazione della banca tedesca secondo cui i trasferimenti sono cessati dopo il 2007, anno in cui la banca ha deciso di «non intraprendere nuovi affari con le controparti in Paesi come l'Iran, la Siria, il Sudan e la Corea del Nord». Le indagini sulla Deutsche Bank sono il seguito dell'inchiesta sulla Standard Chartered, la banca inglese accusata dal procuratore di New York Ben Lawsky d'aver trasferito 200 miliardi di dollari su conti della Repubblica islamica e di aver aperto il sistema finanziario americano a «terroristi, mercanti d'armi, signori della droga e regimi corrotti».

L'indagine rischia d'avere implicazioni assai spiacevoli per la Germania. Grazie alla presenza in Iran di 74 grandi aziende tedesche e ad un giro d'esportazioni superiore nel 2010 ai 3,8 miliardi di euro, Berlino è da sempre il principale partner commerciale della Repubblica Islamica. Dietro agli affari record si nascondono però zone d'ombra. Nel luglio 2010 le autorità statunitensi avevano già incastrato la Eih Bank, una banca d'affari d'Amburgo accusata di aver garantito le transazioni per oltre un miliardo di dollari effettuate da società ombra iraniane coinvolte nell'acquisto di componenti missilistiche e nucleari. Transazioni avvenute nell'assoluta indifferenza della Bundesbank e della BaFin, l'autorità di controllo tedesca. Nello stesso periodo il Tesoro americano scopriva che 9 delle 21 aziende-ombra utilizzate dall'Iran per aggirare le sanzioni avevano sede in Germania.

I peccatucci d'omesso controllo erano stati preceduti nel 2009 da un pesante scandalo etico-industriale. Subito dopo gli arresti e le torture di centinaia di oppositori del regime il colosso tedesco della Siemens era stato accusato d'aver fornito a Teheran i sistemi elettronici usati per individuare telefonini e computer usati dai dissidenti. Nello stesso anno le autorità doganali d'Amburgo avevano scoperto un carico di turbocompressori del valore di 16 milioni di euro destinati all'Iran: prodotti da una consociata svedese della Siemens sarebbero serviti allo sviluppo del programma missilistico di Teheran. E la marina inglese aveva fermato al largo di Dubai una nave carica di computer utilizzabili per governare il funzionamento dei siti nucleari iraniani. I computer prodotti dalla Siemens erano stati prima spediti in Cina e da lì caricati sul portacontainer diretto verso la Repubblica Islamica. Dietro ai miliardi di dollari transitati sui conti della sede newyorkese della Deutsche Bank si nasconderebbero insomma i conti in nero delle fiorenti, ma non sempre limpide, esportazioni della grande Germania di Angela Merkel.

E a spezzare ulteriormente l'isolamento dell'Iran arriva la notizia che il presidente egiziano Mohamed Morsi ha inaspettatamente annunciato, intanto, la partecipazione al vertice dei Paesi non allineati

in programma a Teheran dal 30 al 31 agosto. Il presidente della Fratellanza Musulmana è il primo leader egiziano a visitare l'Iran dopo la rottura dei rapporti diplomatici seguita alla pace tra Egitto e Israele del 1979.

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