Sarkozy in crisi minaccia un attacco alla Siria

I sondaggi danno il presidente indietro di 10 punti al ballottaggio. E lui mostra i muscoli con Assad per recuperare

Sarkozy in crisi minaccia un attacco alla Siria

Fare la voce grossa in politica este­ra quando si incontrano difficoltà sul fronte interno è una tattica molto diff­u­sa tra i governi delle maggiori potenze. È un modo per ribadire la propria for­za, per far sapere ai cittadini che il loro Paese ha un peso nel mondo, per di­strarre l’opinione pubblica da altri pro­blemi. Proprio a questi criteri sembra ispirata l’ultima presa di posizione del ministro degli Esteri francese Alain Juppé: se entro il 5 maggio (quando il mediatore Kofi Annan dovrà presenta­re al Consiglio di Sicurezza il rapporto sull’attuazione del suo piano di pace) il regime siriano non avrà smesso di violare la tregua e non avrà accolto i 300 osservatori previsti,Parigi chiede­rà all’Onu di applicare il capitolo 7 del­lo Statuto.

È il capitolo che consente l’intervento armato in un Paese mem­b­ro e deve essere adottato all’unanimi­tà dal Cds. I maligni hanno subito osservato che il 5 maggio- che Juppé ha chiama­to «il momento della verità» - è la vigi­lia del ballottaggio delle elezioni presi­denziali, in cui Nicolas Sarkozy parte nettamente sfavorito: gli ultimi son­daggi lo danno indietro addirittura di 10 punti. Promuovere una grande azio­n­e umanitaria internazionale può ser­vire a consolidare la sua fama di deci­sionista e a conquistare un po’ di voti tra le fila di quella destra un po’ sciovi­nista che già accolse con favore l’azio­ne della Francia per spodestare Ghed­dafi. Non importa se - nonostante la malafede del presidente Assad, che in barba agli impegni presi continua a re­primere la rivolta nel sangue- le proba­bilità che il Cds approvi un ricorso al capitolo 7 siano pressoché zero; non importa che, anche se la Russia cam­biasse idea e voltasse le spalle a Dama­sco, nell’attuale congiuntura interna­zionale nessun Paese abbia voglia di infognarsi in un conflitto armato in Si­ria; non importa che un recente rap­porto segreto (ma giunto misteriosa­mente al New York Times ) della Nato sul conflitto in Libia abbia constatato che, senza la piena partecipazione americana, gli altri membri dell’alle­anza si trovano in gravi difficoltà a in­traprendere qualsiasi iniziativa milita­re. Sarkozy avrà fatto comunque la sua bella figura di paladino dei diritti uma­ni, e quando l’iniziativa cadrà nel vuo­to, le elezioni saranno alle spalle.

Ciò non toglie che Juppé abbia ragio­ne quando denuncia le gravi inadem­pienze del regime siriano e sostiene che, ora che si è impegnata all’unani­mità a sostenere il piano Annan, la co­munità internazionale non può conti­nuare a farsi prendere in giro. Dopo qualche giorno di relativa tregua, in Si­ria si è ripreso a sparare e Assad si è ben guardato dal ritirare le Forze armate dalle zone urbane. Lo stillicidio dei morti prosegue implacabile, anche se talvolta si fatica a capire se la responsa­bilità sia del governo o dei ribelli. Vista anche la sorte toccata a Gheddafi, il dit­tatore sembra avere deciso di resistere a ogni costo alle pressioni della piaz­za, nella consapevolezza che- veti rus­si a parte- nessuno si assumerà oneri e pericoli di un intervento militare per almeno tre buone ragioni.

Primo, per­ché l’impresa sarebbe molto costosa, e tutti oggi hanno difficoltà di bilan­cio; secondo, perché la Siria è un Pae­se molto più complicato della Libia, la cui esplosione potrebbe contagiare l’intero Medio Oriente; terzo, perché nonostante la natura spietata del suo regime Assad gode ancora del consen­so di una parte notevole della popola­zione, specie tra le minoranze, ed è for­te il timore che a prendere il suo posto non sarebbe un governo democrati­co, ma un'altra dittatura di

ispirazione islamista. Gli Stati Uniti, senza la cui partecipazione ogni intervento sareb­be velleitario, hanno infatti escluso ri­petutamente l’opzione militare e pun­tano piuttosto su un ulteriore inaspri­mento delle sanzioni.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica