Scricchiola l'asse Putin-Medvedev Il presidente: se dissente lo caccio

Mosca Scricchiola sempre di più la diarchia inventata da Putin nel 2008 per potersi poi riprendere il Cremlino, usando Dmitry Medvedev come prestanome per poter aggirare il divieto costituzionale di un terzo mandato costitutivo. Da tempo il tandem al potere non pedala più nella stessa direzione e ora Putin ha lasciato capire chiaramente che se qualcuno deve scendere non è certo lui ma Medvedev, che non l'ha mai guidato davvero. Il presidente ha estratto l'ennesimo cartellino giallo contro il premier, che si era permesso di criticare pubblicamente il suo progetto di legge per affidare al comitato investigativo guidato dal suo fidato alleato Aleksandr Bastrikin la competenza di indagare su reati fiscali, dal 2011 di pertinenza solo della polizia tributaria in seguito ad una riforma liberale dello stesso Medvedev. Il leader del Cremlino ha motivato la sua decisione con il fatto che dopo la riforma le indagini contro i reati fiscali sono state carenti, con relativi danni per le casse pubbliche. Ma gli ambienti politici più liberali e il mondo economico temono che la svolta possa avere effetti negativi sull'attività imprenditoriale.
Ma quando ieri il presidente della camera di commercio russa, Serghiei Katirin, si è permesso di osservare con Putin che vi sono molte perplessità sulla modifica, anche tra alcuni alti dirigenti statali, il presidente russo ha lanciato indirettamente il suo monito a Medvedev: «Il problema si risolve molto facilmente.

Sono costretto a ricordare ai colleghi che c'è una certa prassi per risolvere i problemi prima di parlare con i mass media, è chiaro che se qualcuno non è d'accordo può fare quello che ha fatto a suo tempo Aleksei Kudrin (l'ex ministro delle finanze dimessosi in conflitto con la politica governativa, ndr), cioè passare tra le fila degli esperti«.

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