La «più importante stretta di mano del Terzo millennio», come l'ha un po' enfaticamente battezzata l'Irish Times, è durata pochi secondi, ma affonda le sue radici in ottocento anni di storia. Quando, durante una cerimonia al Teatro Lirico di Belfast, Elisabetta II, regina di Gran Bretagna, ha salutato con un sorriso Martin McGuinness, già comandante dell'organizzazione terroristica IRA e oggi vice primo ministro dell'Ulster che le aveva appena rivolto un saluto in gaelico, decine, anzi centinaia di migliaia di morti devono essersi rivoltati nella tomba: dai cattolici che si ribellarono invano ad Enrico VIII ed Elisabetta I dopo la scissione anglicana agli irredentisti massacrati dalle truppe britanniche nella Pasqua di sangue del 1916, da Lord Mountbatten fatto saltare per aria con il suo yacht proprio dall'IRA nel 1979 ai 3.500 morti di entrambe le parti nella faida degli ultimi trent'anni. Il conflitto anglo-irlandese, cui l'incontro di ieri dovrebbe mettere fine anche sul piano simbolico, è infatti stato uno dei più lunghi e sanguinosi della storia d'Europa: un conflitto in cui gli irlandesi, oppressi fin dal XII secolo dai più potenti vicini e disposti a tutto per riconquistare la libertà, non hanno esitato ad allearsi con i peggiori nemici di Londra, dagli spagnoli di Filippo II ai ribelli giacobiti, dalla Francia della Rivoluzione alla Germania imperiale, pagandone ogni volta il fio. Ma è stata l'ultima fase della lotta, iniziata con la rivolta del 1968 e formalmente (ma non materialmente) conclusa con il cessate il fuoco del 1998, che ha visto le maggiori atrocità, gli attentati più criminali e le repressioni più spietate, tanto da fornire il soggetto anche a numerosi film di successo. La conclusione di quell'accordo, che ha portato alla condivisione del potere nell'Ulster tra i ribelli cattolici e gli unionisti fedeli alla Corona, è stato forse il maggiore successo di Tony Blair.
Tuttavia, sotto molti rispetti, la sua opera era rimasta incompiuta: se ai vertici le due parti hanno imparato - nel bene e nel male - a convivere, a livello popolare gli odi tra le due comunità non si sono certo estinti. Belfast è sempre piena di muri per separare i quartieri cattolici da quelli protestanti, e ancora poche ore prima della stretta di mano gruppi di giovani cattolici repubblicani che continuano a sognare la riunificazione con Dublino si sono scontrati a suon di bombe molotov con altri giovani fedeli alla monarchia: se per caso ci fosse scappato l'ennesimo morto, la cerimonia destinata a diventare una pietra miliare nel processo di riconciliazione sarebbe sicuramente saltata.
Inutile dire che l'evento ha avuto una complessa preparazione. Per il governo inglese di David Cameron, esso doveva sancire la solidità di un accordo che ha ancora numerosi avversari e la visita a Belfast della regina in occasione dei suoi 60 anni di regno costituiva una occasione ideale per organizzarlo. Tuttavia, ci sono state resistenze sia nella famiglia reale, che non ha ancora perdonato all'IRA l'assassinio di Mountbatten (e infatti il principe Filippo, avvicinato da McGuinness dopo la stretta di mano, si è voltato dall'altra parte e si è allontanato), sia nel partito conservatore, per cui era inconcepibile che la sovrana, capo delle Forze Armate, scambiasse un saluto ufficiale con il responsabile diretto della morte di tanti soldati britannici. Non meno travagliata è stata la vigilia degli irlandesi: McGuinness ha dovuto ottenere il benestare di Gerry Adams, già grande capo della rivolta e ora presidente del Sinn Fein, e superare le obiezioni di chi, con qualche ragione, sosteneva che la stretta di mano con la regina comportava il riconoscimento della sua sovranità sull'Ulster e quindi la rinuncia a uno degli obbiettivi del movimento, la riunificazione delle sei contee settentrionali con la Repubblica d'Irlanda. Altri sostenevano che quei repubblicani che per decenni sono stati vittime della repressione britannica avrebbero condannato il gesto. Sembra che, dopo essersi accordate, le due parti abbiano ritenuto necessario fare una specie di prova generale in privato prima di andare davanti alle telecamere.
Se la cerimonia metterà definitivamente fine a secoli di ostilità rimane da vedere.
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