Si radicalizza la crisi egiziana, provocata dal colpo di mano istituzionale attuato giovedì sera dal presidente Mohammed Morsi, che ha annunciato improvvisamente un ampliamento dei propri poteri e una contemporanea riduzione di quelli della magistratura. La reazione della piazza, al Cairo e in altre grandi città del Paese, contro la svolta autoritaria è stata immediata e in molti casi violenta: le sedi del partito islamista dei Fratelli Musulmani, cui Morsi appartiene, sono state prese d'assalto, e opposte fazioni si sono scontrate nelle strade. Violenze che sono continuate anche ieri.
Ma ieri è stata la magistratura a organizzare una decisa reazione: mentre il procuratore generale Abdel Maguid Mahmoud, rimosso d'autorità dal presidente perché indicato come vicino al vecchio regime, proclamava l'atto contro di lui «nullo e vuoto», al Cairo l'Assemblea generale della magistratura si riuniva per denunciare «l'attacco senza precedenti» all'indipendenza dell'istituzione giudiziaria, e ad Alessandria i magistrati decidevano uno sciopero a oltranza.
Questa situazione, che testimonia della volontà di molti egiziani anche ai livelli più alti delle strutture del potere di non lasciarsi derubare delle libertà recentemente conquistate, sta spingendo la cerchia dei consiglieri del presidente a cercare una via d'uscita. Tra gli stessi ventuno membri della squadra che assiste Morsi ci sono già state alcune defezioni in segno di protesta: ieri è stata la volta di Sekina Fouad (consigliere per la cultura) e di Samir Murqus, un cristiano copto che seguiva per conto del presidente islamico la delicata questione della transizione democratica. Ieri ciò che rimane della squadra si è riunita sotto la pressione del dilagare delle proteste e il consigliere Ayman al-Sayyad ha ammesso che «l'argomento principale sarà il modo in cui possiamo uscire da questa crisi, dobbiamo assolutamente trovare una soluzione».
Non è affatto detto che la via d'uscita sia democratica e pacifica. Per martedì è già stata annunciata una grande contromanifestazione di matrice islamica a sostegno di Morsi e delle sue pretese neoautoritarie: una risposta a quanti sono in questi giorni nelle piazze egiziane perché ritengono che i valori della «primavera» siano stati messi a repentaglio proprio dal presidente che è succeduto per via democratica al deposto raìs Hosni Mubarak. Ma una risposta (preoccupante) anche a tutti i falliti leader - come Mohamed el-Baradei o Amr Moussa o il nasseriano Sabbahi, che ieri erano in piazza a protestare - di quell'Egitto «moderno e illuminato» che tanto ha illuso l'intellighenzia progressista occidentale e che il vero sconfitto di questi mesi e di questi giorni.
È facile prevedere che martedì sarà una giornata drammatica al Cairo e in tutto l'Egitto.
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