Rapita e sgozzata. Nassib Karnafa, giovane giornalista tv libica, è stata uccisa così, nel Sud della Libia sconvolta dalla guerra per bande di jihadisti e miliziani. Era stata rapita nella regione di Sabah, 600 chilometri a Sud di Tripoli, ed è stata ritrovata ieri con la gola tagliata: sanguinaria consuetudine degli assassini qaedisti che suona come messaggio sinistramente simbolico per chi è giornalista e donna. Nassib, sequestrata dopo essere uscita dalla redazione, lavorava per l'emittente «al Wataniya» ed era molto popolare. E anche se finora non c'è stata nessuna rivendicazione è facile indovinare che Nassib è stata vittima della violenza jihadista che squassa la Libia post Gheddafi.
Sono passati solo quattro giorni dalla morte di un altro reporter, Meftah Bouzid, ucciso a Bengasi, noto per le sue posizioni critiche verso l'estremismo radicale. E meno di un mese dai due agguati ai quali è riuscito a sfuggire Hassan Bakush, corrispondente da Bengasi del canale televisivo privato «Libya Li Kullu Ahrar». Anche in questo caso i principali indiziati sono gli estremisti islamici di Ansar al Sharia.
Un quadro, quello libico, ad altissimo rischio per i giornalisti. Il 7 maggio, «Reporter senza frontiere» (Rsf) aveva denunciato le ripetute minacce contro i professionisti dei media libici che sempre più spesso sono sotto tiro. L'allarme è alto nel Paese, e la situazione continua a peggiorare.
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