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Il piano Usa: fornire gas al posto di Mosca

Lo "shale gas" può rivoluzionare il mercato. Telefonata Renzi-Obama

Barack Obama al telefono ieri con Vladimir Putin
Barack Obama al telefono ieri con Vladimir Putin

Gli ambasciatori di Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia hanno spedito venerdì una lettera al presidente della Camera degli Stati Uniti, il repubblicano John Boehner. I diplomatici chiedono al Congresso di accelerare l'emissione di permessi a compagnie americane per l'esportazione di gas all'estero. L'obiettivo sarebbe quello di controbilanciare il potere energetico della Russia.

La compagnia petrolifera statale russa Gazprom ha minacciato venerdì di tagliare le forniture di gas all'Ucraina, da cui passano le condutture che riforniscono l'Europa. Già in passato, durante turbolenze politiche nel 2006, 2008 e 2009, Mosca ha fermato gli approvvigionamenti, creando problemi all'Europa che ottiene dalla Russia il 30% del gas naturale. Il clima mite di questi mesi e l'esistenza di altre fonti energetiche alternative riducono secondo gli analisti i rischi di eventuali tagli. Tuttavia, governi dell'Europa centrale restano preoccupati e non è un caso che si siano rivolti a Washington. Importanti e recenti scoperte di giacimenti di shale gas - intrappolato in accumuli di rocce argillose - hanno reso gli Stati Uniti il maggiore produttore al mondo, sorpassando la Russia che rimane il primo Paese esportatore.

In America si è aperto il dibattito. In un editoriale sul Wall Street Journal, Boehner sostiene che la chiave per risolvere il problema con la Russia si troverebbe «sotto i nostri piedi». I repubblicani fanno pressioni sul presidente Barack Obama - che ieri sull'Ucraina ha avuto un colloquio telefonico di dieci minuti con il presidente del Consiglio Matteo Renzi - per accelerare i permessi d'esportazione, finora concessi a sei compagnie.

La crisi in Ucraina - ha scritto il New York Times - ha intensificato un'iniziativa del Dipartimento di Stato per sfruttare il nuovo boom energetico come strumento nei confronti della Russia: la distribuzione di gas americano sul mercato garantirebbe diversificazione, indebolirebbe la dipendenza energetica europea da Mosca, rafforzerebbe l'economia americana. Il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, ha ricordato però che se anche la burocrazia sbloccasse i permessi, le prime strutture per esportare il gas in Europa non sarebbero pronte fino alla fine del 2015.

Michael Levi, del Council on Foreign Relations, ha spiegato a Slate che il gas americano potrebbe inoltre non arrivare in Europa. Non sono gli Stati Uniti infatti a vendere il gas, ma sono le compagnie americane a fare affari con quelle europee, e le sei che hanno già permessi esportano nella più conveniente Asia.

La situazione non cambierebbe dunque nell'immediato, ma c'è chi pensa che sul lungo periodo le esportazioni potrebbero trasformare la geopolitica. L'ex ambasciatore in Ucraina Carlos Pascual, capo dell'ufficio delle risorse energetiche al Dipartimento di Stato, ha detto al New York Times che nei prossimi anni Gazprom potrebbe essere indebolita dalla distribuzione di gas americano. Intervistato dalla Stampa, anche l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, ha suggerito la necessità della diversificazione: «Proprio alla luce di questa crisi, l'Europa dovrebbe ripensare la sua strategia energetica», ha detto.

Twitter: @rollascolari

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