Roma - «Tutto va benissimo qui a Saint-Luc: lo sci, il tempo, il cibo. Non è male per niente», scriveva sabato un bambino. «Oggi è stato il giorno più bello - aggiungeva una compagna - la passeggiata avventurosa è stata stancante ma cool».
Il diario dalla Svizzera dei bambini della scuola cattolica Sint-Lambertusschol di Heverlee era un blog della vacanza in diretta. Nei pochi minuti liberi ciascuno lasciava un pensiero. Ci si svegliava tutte le mattine alle 7 e mezzo, colazione alle 8 e un quarto, e poi passeggiate, sci, fiaccolate, l’osservazione delle stelle la sera. Centoventicinque bambini, muniti di un vademecum da Giovani marmotte che la Lambertusschol, prima della partenza, aveva riassunto così: «Carta di identità o passaporto, farmaci con il tuo nome, l’indicazione, dose e tempo, pantaloni da sci e giacca o tuta, calze sufficientemente spesse, pantofole», pigiama, paghetta 20 franchi svizzeri» e così via. Assolutamente da non portare: «Caramelle e Mp3». A tutti gli alunni erano state anche consegnate le istruzioni del viaggio in autobus: ritrovo «nel refettorio mezz’ora prima della partenza», «cintura di sicurezza obbligatoria».
Non bastava una cintura ben allacciata. Tutto era stato organizzato nei piccoli dettagli, la vacanza sicura, formativa, perfetta. Ma nessuna protezione ha potuto salvare i 22 bambini belgi e olandesi di Heverlee e Lommel, morti nell’incidente di Sierre, nel violentissimo impatto con la galleria che potrebbe aver ucciso altri piccoli passeggeri, molti dei quali ricoverati in condizioni gravissime.
Un istante, il tempo dello scatto di una macchina fotografica. Il pullman era dietro e poi non è arrivato più. I bambini salvi, quelli che stavano sull’altro autobus, che si trovava poco più avanti, non hanno visto l’incidente. Per loro la morte è quel pullman che li seguiva e che hanno perso. Durante il sorpasso si erano salutati per pochi secondi, il naso incollato al finestrino, la macchinetta in mano, per acciuffare quella spericolata fotografia dei compagni di vacanza dietro a un vetro in corsa.
«Poco prima dell’incidente ci fotografavamo a vicenda, noi e i compagni che erano sull’altro pullman - racconta Stefcornelis, un bambino di 12 anni della Sint-Lambertus - Poi non li abbiamo più visti. Tutto è così strano. L’autobus era dietro il nostro, è strano sapere che hanno avuto un incidente perché li avevo visti poco prima. I bambini che si trovavano su quell’autobus volevano andare a casa».
Sotto il titolo del blog «Classi neve» della scuola di Heverlee, ieri pomeriggio c’era una piccola faccia gialla che piangeva, un emotycon triste vicino alla foto delle montagne svizzere. Il diario è interrotto, uno degli ultimi messaggi era quello di una bambina che diceva: «Caro papà e cara mamma. Qui mi piace molto, ma mi mancate. Vi voglio bene. Baci». E un’altra parlava del premio ricevuto «per la stanza più pulita», un compagno era felice di recitare «nel Muppet show». «Oggi pomeriggio abbiamo mangiato zuppa e ravioli: buonissimi». E poi le foto: i bambini abbracciati sulla neve, durante la recita, sui sedili del pullman. Puntuale arrivava l’aggiornamento dell’insegnante Frank Van Kerckhove, morto nell’incidente. All’andata scriveva: «Il viaggio in bus è stato scorrevole. C’era un po' di traffico. Abbiamo visto il film Avatar e nessuno è stato male nelle curve delle Alpi».
Il diario è spezzato, al posto dei pensieri, ieri decine e centinaia di messaggi di disperazione: «Riposate in pace cari angioletti», scriveva Sophie. Ci sono i genitori di bambini di altre classi, ex alunni, semplici conoscenti. «Forza alle famiglie», «incredulità», preghiere.
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