La pirateria somala scoppia di salute. Solo negli ultimi mesi gli armatissimi pirati del corno d'Africa hanno sequestrato dozzine di imbarcazioni per chiederne poi riscatti milionari. Ma l'ultimo «colpo grosso» rischia ora di provocare un bel polverone internazionale. Giovedì pomeriggio tre potenti lance hanno infatti accerchiato e poi abbordato la nave Faina, battente bandiera del Belize e l'hanno sequestrata con 21 marinai a bordo. Presto è però stato chiaro che l'imbarcazione era ucraina, trasportava nientemeno che 33 carri armati modello T72, lanciagranate ed una «abbondante quantità di munizioni», secondo quanto ha dichiarato il ministro della Difesa ucraino Iuri Iekhanurov.
Che si tratti di «fortuna» o di buone informazioni, i pirati hanno quindi messo le mani sulla nave «giusta», carica di armi dirette al porto keniota di Mombasa. Proprio l'allettante carico -per una regione in costante guerra - rischia di aumentare il prezzo del riscatto, che di solito va da uno a sei milioni di dollari. I pirati hanno nelle loro mani anche la possibilità di rivendere i T72, un carro da combattimento progettato dall'Unione Sovietica negli anni '70, ai ribelli islamisti della Somalia, anche se non ci sono prove di legami diretti tra i novelli Francis Drake e gli insurgenti somali.
Sul Faina ci sono poi 21 membri dell'equipaggio, 17 di nazionalità ucraina, tre russi e un lettone, tutti sequestrati con il cargo. Proprio la presenza di marinai russi potrebbe complicare la situazione dei pirati, visto che la nave da guerra Impavida dell'armata russa sta facendo rotta verso le acque somale dallo scorso 24 settembre per combattere la pirateria. E il rapimento del Faina si potrebbe così trasformare anche nella sua prima missione diretta.
La pirateria nel corno d'Africa è aumentata talmente tanto negli ultimi anni che l'International Maritime Bureau ha ufficialmente proclamato pochi mesi fa le acque somale le più pericolose del mondo. Per avere un'idea del problema, basti pensare che nel 2007 gli arrembaggi riusciti - qualche nave riesce a scappare - sono stati circa una trentina, mentre quest'anno hanno già raggiunto la cinquantina. Attualmente in mano ai nuovi corsari del Golfo di Aden ci sono 14 imbarcazioni e più di 200 persone in attesa di un riscatto.
I pirati somali, che hanno stabilito la loro base nel porto di Eyl, situato nella regione semiautonoma del Puntland, registrano ingressi che secondo alti ufficiali statunitensi superano i 100 milioni di dollari annui. In un paese dove non esiste un vero governo da 17 anni, i corsari hanno gioco facile nell'uscire in mare con una nave madre - che serve da base alle lance -, assalire le navi sulle rotte internazionali e scortarle in porto. Lì i pirati si trovano in una botte di ferro perché da terra nessuno li controlla.
Il problema è più che noto, tanto che l'Onu ha di recente approvato una risoluzione che consente a navi straniere entrare in acque somale per perseguire i pirati e la Ue ha creato una cellula di coordinamento delle forze internazionali.
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