Un combattente della «guerra santa» nato nel nord della Francia e tornato dalla Siria più fanatizzato che mai. Questo il ritratto in sintesi estrema di Mehdi Nemmouche, il ventinovenne francese di origini magrebine arrestato ieri a Marsiglia sotto l'accusa di essere il killer che lo scorso 24 maggio ha sparato al museo ebraico di Bruxelles uccidendo tre persone e ferendone in maniera molto seria una quarta. Nemmouche era appena giunto nella città portuale del sud della Francia a bordo di un pullman di linea proveniente dal Belgio e stava per imbarcarsi per l'Algeria.
A carico del giovane jihadista, che ha trascorso in Siria l'intero 2013, vi sono secondo la polizia francese prove molto convincenti. È stato trovato a casa sua un video della durata di 40 secondi nel quale Nemmouche inquadra le armi in suo possesso, afferma che un fucile mitragliatore kalashnikov è quello da lui usato a Bruxelles e si sente la sua voce che dice: «Al museo ebraico la telecamera purtroppo non ha funzionato». Sembra infatti che fosse sua intenzione riprendere la sua impresa omicida, imitando quanto era stato fatto in occasione di un'altra azione terroristica antisemita, quella compiuta da Mohammed Merah contro la scuola ebraica di Tolosa nel marzo 2012.
Altri indizi sono una gran quantità di munizioni, un cappellino con visiera - che il sospetto indossava al momento dell'arresto e che sembra simile a quello visibile sul capo dell'assassino nelle immagini della videosorveglianza diffuse dopo la strage - e un lenzuolo bianco con il nome del gruppo estremista «Stato islamico dell'Iraq e del Levante», attivo in Siria.
Nemmouche sarebbe diventato un fanatico dell'islam più radicale durante i cinque anni trascorsi in carcere in Francia per rapina, l'unico suo precedente penale: durante l'anno passato in Siria si ritiene che abbia partecipato a combattimenti nelle fila dei gruppi integralisti. Il fatto che al suo rientro abbia deciso di compiere un crimine così sanguinoso ha messo in forte allarme le autorità francesi come quelle belghe. Si sospettano infatti collegamenti tra i jihadisti originari dei due Paesi, e si teme che altri come Nemmouche siano pronti a prendere le armi per colpire obiettivi nei Paesi europei.
Reagendo alle considerazioni espresse dal procuratore federale del Belgio Frederic Van Leeuw - secondo il quale tra l'altro i jihadisti di passaporto belga tornati dalla Siria sarebbero alcune decine, mentre quelli pronti a partire si conterebbero addirittura a centinaia - il presidente francese François Hollande ha assicurato durante la sua visita ufficiale in Normandia in occasione del 70° anniversario dello sbarco alleato del 1944 che sarà fatto di tutto per impedire ai fanatici dell'islam di ritorno dai campi di battaglia siriani di trasformarsi in terroristi in Francia e in Europa: «L'intero governo è mobilitato per seguire i jihadisti ed evitare con una lotta senza quartiere che siano in grado di causare danni».
Al momento è in corso nella regione belga di Courtrai, al confine con la Francia, l'interrogatorio di due persone sospette che Nemmouche avrebbe frequentato negli scorsi giorni: l'ambiente sarebbe appunto quello dei «rientrati», quelli che dopo essere stati imprudentemente armati e finanziati dai Paesi occidentali per combattere il regime siriano di Bashar el-Assad adesso fanno paura a noi europei.
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