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Su Zar Putin l'ombra della recessione

L'economia preoccupa il Cremlino: il siluramento di Surkov primo segno di uno scontro col governo

Su Zar Putin l'ombra della recessione

Alle sette del mattino una banda di soldati suonava vecchie canzoni alla stazione Leningradsky, e sui binari alcuni giovanotti aspettavano i parenti con fiori rossi e berretti militari. Ieri la Russia ha celebrato il Giorno della Vittoria, così migliaia di persone sono arrivate a Mosca per ricordare il successo contro le truppe tedesche nella Seconda guerra mondiale, un avvenimento che è ancora al centro della vita di questa enorme nazione. Undicimila uomini in alta uniforme hanno sfilato nella Piazza Rossa (per la prima volta c'erano anche squadre di cosacchi fra loro), mentre i carri dell'esercito attraversavano la strada Tverskaya e poi la Vozdvizhenka, accanto alla Biblioteca Lenin. Alle dieci in punto il ministro della Difesa, Sergei Shoygu, ha passato in rassegna le truppe a bordo di un'auto scoperta: stava in piedi, teneva la mano sinistra incollata a una maniglia e la destra tesa davanti al berretto da generale. Vladimir Putin ha preso la parola subito dopo, ha ringraziato i veterani che erano seduti lì accanto con le giacche piene di medaglie. «Faremo di tutto per impedire che qualcuno minacci di nuovo i nostri figli, le nostre case e la nostra terra - ha ricordato il presidente nel suo discorso - Faremo di tutto per rafforzare la sicurezza globale». Queste parole sembrano un riferimento abbastanza esplicito al caso della Siria: proprio lunedì il segretario di Stato americano, John Kerry, è stato a Mosca per incontrare Putin e discutere la crisi, il vertice non ha fornito una soluzione ma è servito almeno a smussare qualche differenza fra i diplomatici russi e i loro colleghi di Washington.

Ma il Giorno della Vittoria è servito a Putin anche per prendere tempo con i problemi di casa. Due giorni fa il vicepremier Vladislav Surkov ha lasciato ogni incarico con una lettera di dimissioni che è stata accolta immediatamente dal capo del Cremlino: Surkov è un politico molto in vista, ufficialmente si occupava d'innovazione ma il suo peso va ben oltre i compiti di governo: da molti anni è uno dei consiglieri più ascoltati da Putin, è il vero regista della cosiddetta «democrazia sovrana», il modello politico che ha permesso al Paese di recuperare ricchezza e stabilità dopo l'epoca di Boris Eltsin, e ha garantito al presidente il controllo sui meccanismi del potere russo. Nessuno ha ancora spiegato le ragioni della scelta (Surkov s'è limitato a scrivere un messaggio su Facebook che dice: «risponderò una volta sola: è tutto vero»), il che alimenta i sospetti e le indiscrezioni. Per alcuni le dimissioni sono in realtà un siluramento in piena regola: Putin critica ormai da settimane il governo, l'ultima volta lo ha fatto in una riunione che si è tenuta lunedì, e il mese scorso un sito internet molto popolare, lifenews.ru, ha pubblicato un video in cui il presidente minaccia di cacciare ministri e governatori se non arriveranno in fretta risultati sul fronte dell'economia. La Russia ha qualche guaio con i conti, secondo gli esperti il paese è già in recessione anche se non si vedono ancora segni di crisi sulle strade russe: Putin, naturalmente, spera che quel momento non arrivi mai, ma le azioni del governo sembrano troppo lente e troppo goffe per i tempi dell'economia globale.

In quest'ottica, Surkov potrebbe essere la prima vittima dello scontro tra Putin e il governo.

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