«Perdonali perché non sanno quel che fanno». Tre settimane fa Silvio Berlusconi doveva dir semplicemente così. Mentre Barack Obama e i nostri “partner” europei scommettevano sui giorni rimasti a Muammar Gheddafi, il nostro Presidente del Consiglio sfogliava i rapporti dei nostri servizi segreti e capiva che qualcosa non quadrava. Da quei rapporti, evidentemente più accurati di quelli della concorrenza, emergeva l’immagine di un raìs ancora in sella, pronto a tirar la sciabolata fatale agli insorti di Zawiya e Bengasi. Ma quando stampa e giudici di casa tua fanno a gara a distruggerti, sostenere una verità scomoda non è facile. Soprattutto se in assoluta controtendenza rispetto a quella della vulgata estera. Soprattutto se rischia di sbugiardare la retorica inconcludente di un Obama stregato dalla fantasia delle rivoluzioni via internet. Soprattutto se va contro i piani di un Sarkozy pronto a puntare tutto sui ribelli anti Gheddafi perché consapevole di non aver in Libia grandi interessi da difendere.
E così, dopo aver cambiato rotta per allinearci ad una politica internazionale che ci accusava di spalleggiare Gheddafi-Belzebù, eccoci a subirne le conseguenze. Conseguenze assai più gravi di quelle che patiranno i nostri alleati nonostante i loro errori di valutazione. Mentre gli Usa rimpiazzano la percentuale di petrolio acquistata dalla Jamahiriya con un supplemento di commesse saudite, mentre Sarkozy si rimangia con nonchalance la promessa di bombardare il Colonnello, mentre la Cancelliera Angela Merkel, preoccupata per le imminenti elezioni in Sassonia, Baden-Württemberg e Renania, si guarda bene dal lanciarsi in avventure estere sgradite alla sua teutonica opinione pubblica, l’Italia paga il conto per tutti. E che conto. Il figlio di Gheddafi Saif El Islam l’ha già fatto capire qualche giorno fa quando, dopo averci accusati di tradimento, ha avvertito che «non sarà difficile rimpiazzare i vecchi amici diventati nemici, possiamo vendere il nostro gas e il nostro petrolio a chiunque».
A Tripoli le sparate sono arte ereditaria, ma se a quella minaccia si aggiunge la prospettiva di un’immigrazione fuori controllo dall’Africa subsahariana allora c’è da farsi venir i capelli dritti. Anche perché trasformarsi in “cornuti e mazziati” solo per restare ancorati alle politiche della Ue e dell’attuale amministrazione Usa non è un gran affare.L’inconcludenza dei nostri titolati partner internazionali è sotto gli occhi di tutti. Mentre il raìs dato per morto tre settimane fa marcia verso Tobruk e la frontiera egiziana per chiudere in una sacca i ribelli di Bengasi, i ministri degli esteri del G8 riuniti ieri a Parigi continuano a temporeggiare. Il padrone di casa Nicolas Sarkozy rilancia la “no fly zone”, ma ricorda la necessità di una Risoluzione Onu per attuarla. Nel dettaglio si nasconde l’imbroglio. Il Consiglio di Sicurezza oltre a non aver ancora discusso una bozza di risoluzione deve pure far i conti con l’eterno rischio di un veto cinese o russo. Se Sarkozy bluffa, Obama non è da meno. Per tenere a terra gli aerei del raìs, oltre alla risoluzione Onu servono la potenza degli Usa e il coordinamento della Nato. E anche quelli sono tutt’altro che scontati. Per avviare la “no fly zone”la Nato non si accontenta del via libera della Lega Araba e di quello dell’Onu, ma pretende che il suo intervento sia considerato missione di soccorso umanitario e non di guerra. Si tratta ovviamente di un pretesto politico, indispensabile per rimettere la decisione finale nelle mani di Washington, unico componente dell’Alleanza capace di garantire la potenza militare indispensabile all’intervento.
Ma di questo passo Obama potrà permettersi il lusso di decidere per il no perché gli insorti saranno già in mare o sotto terra. E a quel punto l’unica vittima da soccorrere sarà l’Italia.
Un’Italia invasa dagli immigrati e costretta a rinunciare ai propri approvvigionamenti energetici per inseguire le fole di una politica internazionale basata non sui fatti, ma su quelli che oltreoceano chiamano wishful thinking . E che a casa nostra si chiamano illusioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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