Un canale tra Mediterraneo e Mar Nero per superare Suez e Panama. Un ponte sul Bosforo per far dimenticare quello di Brooklyn. Un aeroporto da 150 milioni di passeggeri per trasformare Istanbul nel cuore pulsante dell'Eurasia. Un'immensa nuova moschea per far concorrenze a quelle della Mecca, del Cairo e di Gerusalemme. Sono le «grandi e folli» idee di un Recep Tayyip Erdogan pronto a tutto pur di venir ricordato non come un semplice primo ministro, ma come il «nuovo sultano» della Grande Turchia. Non a caso i suoi son piani a lunga scadenza. Piani studiati per arrivare a compimento intorno alla fatidica data del 2023, primo centenario della nascita del nuovo Stato turco. Un centenario in cui Erdogan conta di esser ancora assai presente. E molto più potente. Un centenario da festeggiare dalla poltrona di presidente, con l'inconfessabile sogno di passare alla Storia come il nuovo Solimano. I suoi disegni per la costruzione di una nuova, immensa moschea destinata a sovrastare Istanbul e a coprire un area di 15mila metri quadrati, vasta quanto quattro campi da calcio, sembra fatto apposta per appannare la maestosità della Suleimania, l'edificio sacro costruito dal sultano che assediò Vienna e conquistò Bagdad.
«La moschea gigante destinata a sorgere sulla collina di Camhca è stata progettata per esser vista da ogni angolo d'Istanbul» ammette Erdogan lo scorso 29 maggio, quando ne rivela il costoso progetto. Dietro l'incontenibile megalomania di Erdogan si nasconde in verità la lucida ambizione di un ex sindaco di Istanbul deciso a trasformare la metropoli nel nuovo faro del mondo islamico. Un faro religioso capace di offuscare quelli della Mecca e del Cairo e a far concorrenza ai progetti dell'emiro del Qatar. Dunque via agli investimenti. Il più ambizioso e faraonico è quello del nuovo canale tra Mar di Marmara e Mar Nero, lungo 48 chilometri, profondo 25 metri e largo 150. Riceverà, al costo di dieci miliardi di dollari, il traffico di petroliere e porta container che intasa il Bosforo. Un Bosforo destinato nelle promesse del nuovo sultano a trasformarsi in un'enorme piscina in cui andare a vela, pescare e dedicarsi agli sport acquatici. In verità il principale obiettivo del ciclopico progetto è allontanare da Istanbul l'insostenibile traffico marittimo trasformatosi in una crescente minaccia per la città. Il rischio di collisione in un imbuto in cui transitano ogni anno 139 milioni di tonnellate di petrolio, 4 milioni di tonnellate di gas liquefatto e 3 milioni di sostanze chimiche è un autentica spada di Damocle sospesa sopra le teste di due milioni di cittadini. «Ci prepariamo - annuncia il premier - a costruire il canale del secolo, un progetto di tale immensità da rendere impossibile il paragone con quelli di Panama o Suez».
Ma se Istanbul può perdonargli un canale che nessuno sa dove passerà pochi sembrano disposti a sostenere l'idea di un terzo ponte sospeso tra la parte europea e quella asiatica della metropoli. A sentir Erdogan quel progetto da quasi due miliardi di euro pronto già nel 2015 è la miglior risposta al traffico che attanaglia la città. Per una buona parte degli abitanti e tanti urbanisti, quel nuovo ponte sul Bosforo finirà soltanto con l'attrare nuovi automobilisti contribuendo alla definitiva paralisi urbana. «Come già successo con i primi due ponti gli unici a trarne vantaggio saranno gli speculatori» obbietta Akif Burak Atlar, segretario della Camera per la pianificazione urbanistica , alludendo alle schiere di costruttori vicini a Erdogan che spingono per il via libera al progetto. Ma la vera chicca tra le «folli idee» del sultano è il nuovo aeroporto destinato ad inondare Istanbul di turisti, religiosi e uomini d'affari.
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