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La Svizzera vieterà le buonuscite d'oro

Stando ai sondaggi, sarà approvata l'iniziativa popolare contro le retribuzioni stratosferiche dei top manager

La Svizzera vieterà le buonuscite d'oro

Quando è troppo è troppo. Sembra essere questo il motto degli elettori svizzeri che oggi paiono intenzionati, una volta tanto, ad approvare un referendum - o iniziativa popolare, come li chiamano da quelle parti. Il «troppo» in questione riguarda stipendi e bonus dei top manager, talmente esagerati (soprattutto i secondi) da suscitare una reazione di disgusto tra i cittadini comuni, in tempi che non sono facilissimi neanche nella privilegiata Confederazione.
Il caso è stato lanciato da un piccolo imprenditore 53enne di Sciaffusa, Thomas Minder, divenuto nel frattempo parlamentare indipendente (in Svizzera esistono!) a Berna. In sostanza prevede che il potere degli azionisti nelle società sia rafforzato, con l'obiettivo di impedire l'attuale scandalosa prassi degli alti dirigenti che si attribuiscono paghe e buonuscite altissime.

In particolare l'iniziativa Minder, che gli elettori svizzeri dovranno approvare o respingere oggi per via referendaria, prevede l'introduzione di un articolo costituzionale in base al quale ogni anno l'assemblea generale degli azionisti delle società anonime svizzere quotate in Borsa eleggerà il presidente e i membri del consiglio d'amministrazione e voterà sulle loro rimunerazioni e su quelle della direzione. Il progetto vieta esplicitamente l'attribuzione di indennità di partenza, i pagamenti «furbi» da parte di altre società in qualsiasi modo legate a quella per cui lavorano i manager e soprattutto le buonuscite stratosferiche. Sono previste sanzioni molto severe contro i trasgressori.
Caso ha voluto che proprio due settimane fa sia esploso in Svizzera uno degli episodi più clamorosi di buonuscite d'oro: quello di Daniel Vasella, presidente dimissionario del colosso farmaceutico Novartis. Il top manager sessantenne, si è appreso, avrebbe ricevuto dall'azienda un compenso finale di 72 milioni di franchi (pari a quasi 59 milioni di euro) in cambio dell'impegno a non mettersi in alcun modo a disposizione della concorrenza. Una cifra folle, tale da provocare anche in un Paese abituato a certi eccessi e dove è diffusa una mentalità meno critica della nostra rispetto a capitalismo e ricchezza una reazione di collera non solo a livello popolare, ma anche nel mondo politico, oltre che nell'ambiente medico.

L'ondata di indignazione (e forse una tardiva preoccupazione degli ambienti economici) ha spinto Vasella, che era già noto come il manager più pagato in Svizzera, ad annunciare che avrebbe rinunciato a quella buonuscita davvero esagerata. Il suo caso, però, era ormai sulla bocca di tutti ed era diventato la miglior forma di propaganda per l'iniziativa Minder. Cosicché, se è vero che solitamente i referendum propositivi in Svizzera vengono bocciati dall'elettorato, è assai probabile che questo verrà invece approvato trionfalmente. L'ultimo sondaggio diffuso dalla televisione pubblica indicava il «sì» al 64 per cento, ma anche prima del «caso Vasella» si registrava una maggioranza netta.
A conferma dell'evidente interesse degli svizzeri per la vicenda, la campagna elettorale per il referendum contro i salari d'oro dei manager arraffoni è stata accesissima.

Il mondo politico si è diviso, con socialisti, ecologisti e cristianosociali a favore dell'iniziativa Minder, mentre il fronte conservatore è nel suo insieme contrario e si schiera al fianco della «Confindustria» elvetica, che ha fatto campagna ammonendo contro il rischio che il diritto svizzero degli azionisti diventi «il più severo del mondo» e causi la perdita di molti impieghi.

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